Vasco e noi: suonati ma mai stonati

Per questo e per molto altro, tanti auguri Vasco. Tu, che dici ai fan «grazie di esistere, come loro lo dicono a me». L’editoriale della nostra Federica Artina

Ci guarda male, la gente. Ci guarda e fondamentalmente non capisce. Guarda il suo autografo e i suoi versi che ci siamo tatuati sulla pelle e si chiede “perché?”. Ci guarda rinunciare alle vacanze per investire soldi, giorni di ferie e chilometri su chilometri per “vedere un concerto” e ci dà dei matti. Guarda e giudica. Come se qualcuno avesse loro chiesto qualcosa… È il compleanno di Vasco Rossi e la prima reazione della “gente” sarà

una battuta. La solita. La più scontata, al punto da fare quasi noia. «Ma come, è ancora vivo?». Senza neppure sapere che lui stesso, in tempi lontani e non sospetti, liquidò la pratica con un tranciante «li compio perché lo devo comunque e non credevo nemmeno di arrivarci». Vasco Rossi. Il cognome più comune d’Italia affiancato a un nome originale a dir poco. Quel nome che è un omaggio all’uomo che aiutò suo padre a salvarsi dai lager nazisti e che, di fatto, ha permesso anche che venisse al mondo lui. E che intere generazioni fossero più ricche: di emozioni, di consolazione, di vita.
Vasco Rossi, quel personaggio semidivino che a volte sta scomodo persino a lui, che dagli amici si fa chiamare Rossi e basta, quasi a voler scindere l’uomo, la persona dal mito. Colui che non può passeggiare per strada, non può andare al cinema, non può fare niente senza che venga inondato di un affetto ingombrante per quanto graditissimo. Vasco si odia o si ama. Non esistono vie di mezzo, ed è giusto così. Ma se la sua musica unisce intere generazioni, se ai suoi concerti ormai cantano abbracciati padri, figli e a volte figli dei figli, se il suo arrivo in qualunque luogo o manifestazione si tramuta sempre e per forza di cose in una sconfinata festa in suo onore, qualcosa deve pur voler dire.
Vasco Rossi è diventato Vasco Rossi perché non ha mai ingannato nessuno. Perché si è sempre mostrato per quello che è, piaccia o no. Perché chi ha avuto la fortuna di incrociare, anche solo una volta, il suo sguardo chiaro come il cielo sa che non mente. Ti inchioda e al tempo stesso ti fa entrare dentro di lui, senza filtri, senza maschere. La verità paga, sempre. E lui nelle sue canzoni ci ha messo “soltanto” questo: una grande onestà. Nella gioia, nel dolore, nella rabbia e nella passione. Nel sogno e nella disillusione. Impossibile non riconoscersi, impossibile sfuggire.
Per questo e per molto altro, tanti auguri Vasco. Tu, che dici ai fan «grazie di esistere, come loro lo dicono a me». Tu, che potresti crogiolarti nel tuo successo e invece ti definisci oggi «uno stropicciato dalla vita». Tu, che ci fai urlare, saltare, commuovere e ridere come pazzi. Tu, che la mamma quando ci vede uscire di casa per raggiungerti scuote la testa ma poi si incazza se non la chiamiamo durante quella certa canzone durante i tuoi concerti. Tu, capace di stupirti ancora e sempre di più. Tu, che questa “festa” di compleanno per te non te l’aspettavi…eh? E invece eccola qua.
«Non sono gli anni, sono i chilometri» dicesti una volta. E allora, buona strada a te e buona strada a noi. Ci vediamo all’Olimpico.