C’è una nuova generazione di frontalieri che si fa avanti: sono i precari, assunti soprattutto attraverso le agenzie interinali, e sono i «falsi frontalieri», cioè quei lavoratori italiani che semplicemente seguono la loro azienda che, dalle fasce di confine, si trasferisce in Ticino.
Lo raccontano due sindacalisti varesini da tempo impegnati per i lavoratori a cavallo del confine, Paolo Lenna della Cgil e Osvaldo Caro della Cisl, che commentano i dati diffusi ieri dalla Camera di Commercio di Varese.
Secondo l’Ufficio Studi e Statistica dell’ente camerale, infatti, «i varesini che dalla zona di frontiera giornalmente si spostano nel Canton Ticino per lavoro hanno raggiunto alla fine del 2013 quota 24.737, con un incremento del 4,9% rispetto al dicembre 2012, e del 43,9% negli ultimi sette anni».
Una crescita che può essere dovuta al fatto che la disoccupazione in Ticino è in calo, a differenza di quella varesina: il tasso ticinese del mese di maggio 2014 è del 3,8%, con un meno 0,3% rispetto ad aprile. A Varese, invece, il trend è in crescita, e ha raggiunto il pauroso livello dell’8,6%.
«Ovvio che i varesini, a questo punto, cerchino lavoro anche oltre confine – dice Caro – ma si deve tenere conto anche del fenomeno della “migrazione” delle aziende dall’Italia: fanno aumentare la richiesta di posti di lavoro, di conseguenza le assunzioni, ma si tratta di semplici trasferimenti, dalla sede italiana a quella svizzera».
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