Camminare significa lasciare a casa le ansie quotidiane e il superfluo

Hiking - «Tenere un’andatura lenta per un periodo prolungato di tempo allena il nostro metabolismo e ci permette di parlare»

È stato battezzato hiking (dall’inglese “hike”, camminare). E anche in Italia nascono associazioni di appassionati che, zaino in spalla, scelgono tragitti da percorrere insieme, nel tempo libero o durante le vacanze.
È lo sport più praticato in questi anni di crisi, perché è sano, conveniente e adatto a tutti. La testa del camminatore è piena di aneddoti. “Ricordo un amico che mi accompagnò durante uno dei miei viaggi. Dopo tre giorni aveva delle vesciche talmente grandi che,

al pronto soccorso, gli diedero due settimane di prognosi…” racconta lo scrittore Enrico Brizzi. Il suo zaino, invece, è leggero: camminare significa lasciare a casa le ansie quotidiane e il superfluo. Ed è soprattutto per via di questo aspetto liberatorio se, negli ultimi anni, sempre più persone hanno abbandonato sport avventurosi e adrenalinici per avvicinarsi al cammino.
Il cammino è uno sforzo che possono affrontare tutti a ogni età, anche per distanze prolungate. Ma cosa accade di speciale al nostro corpo e alla nostra mente quando ci mettiamo in marcia per molti giorni consecutivi? «A differenza della corsa, il cammino è un’attività fisica a bassa intensità: va fatta a un ritmo che permette di parlare con il proprio compagno di viaggio», spiega il dott. , medico dello sport di Varese. «Tenere un’andatura lenta per un periodo prolungato di tempo allena il nostro metabolismo a non bruciare solo gli zuccheri, ma ad attingere anche ai grassi: così questi non si accumulano e il corpo non libera insulina in eccesso. È una sorta di “medicina” naturale per chi soffre di diabete, ha il colesterolo alto o è in sovrappeso. Non solo: camminare ha effetto anche sul sistema nervoso, con benefici per l’umore. E sulla respirazione: i polmoni si dilatano fino al 30% in più e il sangue si ossigena meglio».
«Camminare per lunghe distanze riattiva il nostro sistema propriocettivo: cioè quell’insieme di recettori che si trovano all’interno dei muscoli delle articolazioni e che sono responsabili dell’equilibrio posturale» spiega l’esperto. «E durante questo esercizio il corpo si abitua a non fare più solo affidamento sulla vista ma a “fidarsi” di questo sistema che comunica con il cervello. Così ci muoviamo meglio, ci infortuniamo meno e ci riprendiamo più in fretta».