Cerco-parlo di emozioni e di amicizia e l’io si impone- nella memoria un filo che mi connetta a quell’ingegnere dal passo svelto e atletico, la figura minuta, gli occhi dal taglio vagamente orientale, l’ampia fronte il sorriso aperto, che veniva su dalla china del viale di casa per salire all’auto che posteggiava in un angolo appartato del piazzale, sotto ad un grande castagno.
Come a non volere dare fastidio agli altri condomini e neppure all’albero, che rispettava, mettendosi al riparo dei suoi amichevoli rami facendo sì di non toccare neppure una radice. E scovo nel computer una sua mail del 4 marzo di quest’anno: « Ciao Andrea, ho letto il tuo bellissimo articolo sulla Provincia di Varese di ieri. Complimenti. Mi è piaciuto moltissimo per la sua umanità. L’anno scorso ho vissuto anch’io, ma come paziente, un triage in codice giallo di ben sei ore allo stesso pronto soccorso. Buona giornata. Alberto Anzani». Intendiamoci, Anzani era – dico era perché in un soffio un cancro l’ha tolto al mondo dei vivi -un ingegnere a tutto tondo.
Uno di quelli di cui si dice «te set, dur de coo, l’è un ingegnee», laureato al Politecnico di Milano in ingegneria elettronica, dunque con testa nelle scienze positive con in più il wiz della passione, una vera e propria passionaccia, tanto da farlo diventare un inventore, uno che praticava senza falsi pudori o timore di compromettersi i confini tra scienza e tecnologia.
Così ovunque avesse lavorato ha lasciato dietro di sé la scia luminosa di qualche scoperta. Al centro di ricerca di Ispra e alla Project, una società della BassaniTicino. Il salvavita di BT e i primi interruttori domotici si debbono a lui.
Quel suo modo di porsi di fronte alla realtà, utilizzare le sue competenze scientifiche per scoprire gli scampoli di verità che sono consentiti al sapere umano, lo metteva in ogni cosa della sua vita ed era un mezzo per rapportarsi agli altri. Così a prima pelle poteva sembrare distaccato e persino ruvido, invece amava la chiarezza e non sopportava i mille sotterfugi del parlar magari forbito ma vano. Che dovevano sembrargli insopportabili, lui che usava il calcolo matematico come risparmio linguistico. E invece era uomo di profonda umanità pronto anche a riconoscerla e apprezzarla negli altri. Come dimostra il suo messaggio elettronico che , ricordo, mi sorprese perché è difficile se non alle persone grandi di cuore, esprimere una qualsiasi forma di riconoscenza.
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