«Confidavo nelle grandi capacità investigative delle forze dell’ordine. Ma anche la collaborazione dei miei concittadini è stata encomiabile». Sin dalle ore successive al delitto, il sindaco si era esposto in prima persona per proteggere la sua comunità e per rassicurare i cittadini preoccupati ed impauriti per un episodio che aveva scioccato, anche perché Claudio Silvestri era persona conosciuta nel tessuto sociale del paese.
La brillante e rapida risoluzione del caso gli dà ragione: «Conferma che Jerago è una comunità sicura, che non ha a che vedere con questo genere di episodi – commenta il sindaco Ginelli – ho sempre confidato nella capacità degli inquirenti, e in particolare dell’Arma dei Carabinieri, che hanno brillantemente risolto il caso nel giro di pochi giorni, come ero sicuro. Non posso che essere grato e riconoscente al lavoro di indagine impeccabile fatto dai carabinieri e coordinato dalla pm Calcaterra, con la straordinaria capacità investigativa e tecnologica dei Ris».
Ma il sindaco di Jerago con Orago rivendica anche il ruolo attivo che i suoi cittadini hanno svolto nel mettersi al servizio degli inquirenti: «Sono molto soddisfatto della collaborazione che ha dato la popolazione, con le testimonianze e che con la rete informativa che hanno messo a disposizione delle forze dell’ordine – sottolinea Ginelli – informazioni che, se probabilmente non sono servite per mettere gli inquirenti sulla pista dell’assassino, ne hanno escluse altre, cosa fondamentale. Così come i filmati di videosorveglianza che abbiamo consegnato agli inquirenti, anch’essi serviti ad escludere altre piste».
Ma al di là del «cordoglio e del pensiero che va alla signora Anna (la madre di “Ozzo”) e ai familiari di Claudio», il primo cittadino non nasconde come un fatto del genere ponga tanti interrogativi: «Evidentemente nella vita di questa persona c’era un vuoto, che lo ha portato ad avvicinarsi ad un mondo oscuro, al Male che con i suoi tentacoli l’ha ghermito e se l’è portato via – ragiona il sindaco di Jerago con Orago – l’unico antidoto possibile è la rete sociale. Conoscenze che possano aiutare le persone, dai gruppi, alle amicizie, alle associazioni. Claudio peraltro era una persona che aveva già potuto sperimentare in prima persona il fatto che quando la nostra popolazione si muove è capace di grandi cose. Ad esempio, nella fase di riabilitazione dopo l’incidente, oppure quando era in coma e nell’assisterlo si alternavano le persone, amici e genitori dei suoi amici».
Se in questa vicenda qualcosa su questo fronte non ha funzionato, è però «su questi capisaldi» che «bisogna cementare la coesione sociale. Stando uniti per aiutare persone che in particolari situazioni chiedono aiuto e che rischiano di finire dentro dei brutti giri».
Insomma, questa brutta storia serva da lezione per rendere la comunità ancor più unita nella condivisione dei problemi di tutti. E il punto di partenza è l’incredulità con cui, da Jerago Beach alle piazze e ai bar del centro, le persone hanno reagito a questa brutta storia.