Caso Macchi, chi sono i super testimoni

Domani a Varese inizia l’incidente probatorio chiesto dal sostituto pg di Milano Carmen Manfredda. Le deposizioni faranno fede in caso di processo. In aula la sorella, l’amica, don Sotgiu e don Baroncini

– Omicidio : domani inizia l’incidente probatorio richiesto dal sostituto procuratore generale di Milano . Sono cinque in tutto i “super testi” di cui la procura generale intende cristallizzare la deposizione che, al termine dell’incidente probatorio, non potrà più essere cambiata e farà fede in aula se, 49 anni, di Brebbia, arrestato lo scorso 15 gennaio dagli uomini della squadra mobile di Varese con l’accusa di aver ucciso la studentessa varesina ventenne il 5 gennaio 1987 dovesse arrivare a processo.

Al centro di questa serie di interrogatori, che inizieranno alle 9.30, c’è sicuramente Patrizia B., l’imprenditrice varesina che 29 anni dopo il delitto che scosse Varese ha riconosciuto seguendo una puntata di Quarto Grado come appartenente a Binda la grafia con cui fu scritta “In morte di un’amica”, lettera recapitata a casa della famiglia Macchi il 10 gennaio 1987 giorno delle esequie di Lidia. In quella missiva anonima da subito gli inquirenti ravvisarono qualcosa di sospetto: fu considerata anche dallo stesso , padre di Lidia, come una lettera-confessione da parte dell’assassino della figlia. Patrizia B. ha riconosciuto la grafia da alcune cartoline che Binda le aveva inviato 30 anni prima. Non solo, l’imprenditrice ha già descritto quali fossero all’epoca dell’omicidio i rapporti tra Binda e Lidia.

Binda che all’epoca agli inquirenti negò di aver mai telefonato alla bella scout e di averla vista l’ultima volta due anni prima. Mentre Patrizia B. ha descritto un legame diverso: «Erano inseparabili», ha già dichiarato la donna agli inquirenti. Aggiungendo che Binda corteggiava Lidia e che lei ne era forse “lusingata” perché di Binda ammirava sia l’intelligenza che la cultura e quell’aria da “intellettuale maledetto” che lo caratterizzava 29 anni fa. E ancora il sostituto pg Manfredda ascolterà

la sorella di Lidia Macchi, che agli inquirenti ha a sua volta confermato come Lidia e Binda fossero amici e si frequentassero e come Binda frequentava casa Macchi all’epoca. Sarà ascoltata anche l’amica che Lidia quella sera andò a trovare perché ricoverata all’ospedale di Cittiglio in seguito a un incidente stradale. E che ha già confermato che la ragazza le fece effettivamente visita: nel posteggio dell’ospedale, una volta uscita, per gli inquirenti Lidia incontrò il suo assassino. Don è il quarto dei “super testi” che saranno sentiti in incidente probatorio.
Quella di don Sotgiu è una posizione complessa. Per gli inquirenti nel febbraio 1987, quando fu sentito subito dopo il delitto, l’allora Giuseppe Sotgiu (fu ordinato sacerdote in seguito), amico fraterno di Binda, cambiò due volte la versione sul dove fosse la sera del 5 gennaio. La cambiò, sempre secondo quanto asserito nell’ordinanza che ha portato Binda in carcere, forse per fornire un alibi all’amico. Recentemente don Sotgiu, che fu uno degli amici di Lidia che nel 1987 fu sottoposto al confronto del Dna trovato sotto il francobollo affrancato alla lettera incriminata, ha detto di essersi semplicemente confuso e di essersi sentito nel 1987 ad essere lui sotto accusa, non certo Binda.

Infine don, all’epoca assistente spirituale di Comunione e Liberazione, ambiente frequentato da tutti i protagonisti dell’incidente probatorio, nonché da Lidia e Binda stesso. All’incidente probatorio saranno presenti tutte le parti; quindi anche Binda con i suoi difensori. È di fatto un’anticipazione di un eventuale processo e potrebbe continuare sino a mercoledì visto il numero dei testi e la delicatezza del tema.