La legge n.81 del 2014, recentemente approvata dal Parlamento, ha determinato la chiusura degli Opg – ospedali psichiatrici giudiziari – in favore dei Rems, residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza.
Oltre al cambio del nome, la legge ha introdotto novità sostanziali. In particolare, quella che fa più discutere, ha stabilito che i ricoveri nelle Rems non possano protrarsi per una durata superiore al tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, fatta eccezione per i reati per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo. Potranno, dunque,essere rimessi in libertà soggetti socialmente pericolosi.
Proprio questo motivo ha portato il Giudice penale di Roma, Paola Di Nicola, a redigere un distinto provvedimento, al fine di segnalare la rilevanza della questione ad una serie di pubbliche autorità, affermando che «sarebbe stato necessario che il legislatore si fosse fatto carico, per tempo, di un opportuno, efficiente ed adeguato sistema di approdo della riforma, specialmente sotto il profilo sanitario, che temo non sia stato concretamente realizzato sui territori sui cui la riforma inevitabilmente ricadrà». Il Tribunale penale di Roma ha, infatti, ordinato la liberazione di una persona ad “alta pericolosità sociale”.
Tra l’altro, con ineludibili ed urgenti ricadute in merito alla tutela della salute dell’interessato e della sicurezza, sia della collettività sia della vittima del reato: per esempio, nel caso specifico, la sicurezza del “vicino di casa” del soggetto internato, in relazione al quale, come emerso da una perizia psichiatrica, “permangono forti deliri persecutori”.
Il provvedimento del Tribunale di Roma ha plasticamente evidenziato come sia stata inserita nella legge, in modo estemporaneo, tale norma e si siano create nuove e gravi disfunzioni. Infatti, la chiusura totale degli Opg o la loro sostituzione parziale con strutture più rigide potrà comportare il ritorno in libertà di individui socialmente pericolosi. Ciò implica, forse, un generale ripensamento della stessa ragion d’essere del cosiddetto “doppio binario” e la predisposizione di misure non detentive che soddisfino le esigenze di cura e di controllo della pericolosità sociale.
Avv. Nicola Giannantoni
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