La bionda italiana disseta il mondo

L’analisi - La birra del Belpaese registra un aumento dell’export quadruplicato negli ultimi dieci anni

La birra italiana all’estero vola, con un dato legato all’export che negli ultimi dieci anni è addirittura quadruplicato. Il massimo storico è del 2015, con un valore di 183 milioni di euro per la “bionda” italiana che invade i paesi del Nord Europa, dalla Gran Bretagna alla Germania, con crescite a doppia cifra. I dati emergono da un’analisi Coldiretti condotta sulla base di dati Istat, e dalla quale si evidenzia che la vera novità per il 2016 sono le agribirre,

che garantiscono l’origine italiana al 100%. Il boom delle esportazioni – sottolinea la Coldiretti – riguarda un po’ tutti i paesi: dalla Germania, patria dell’Oktoberfest (+49%), all’Olanda (anche qui +49%) fino alla Gran Bretagna dei pub (+10%). Nel Belgio delle birre trappiste gli acquisti di “bionda” Made in Italy sono addirittura decuplicati. Con l’arrivo del caldo i consumi di birra volano anche in Italia, dove si è registrato un balzo record del 6% degli acquisti anche per effetto della nuova offerta di birre artigianali Made in Italy, che stanno rivoluzionando il mercato. Nel nostro Paese sono oltre 23 milioni gli appassionati bevitori di birra, per un consumo procapite annuo di 29 litri e con ampie possibilità di crescita rispetto a Paesi come la Repubblica Ceca (144 litri pro capite), l’Austria (107,8), la Germania (105), l’Irlanda (85,6), il Lussemburgo (85) o la Spagna (82). «Si assiste in Italia – sottolinea la Coldiretti – al boom dei microbirrifici artigianali, che dieci anni fa erano poco più di una trentina ed ora sono circa un migliaio per una produzione stimata in 45 milioni di litri. Questa nuova produzione – prosegue la Coldiretti – è molto diversificata, con numerosi esempi di innovazione, dalla birra aromatizzata alla canapa a quella pugliese al carciofo di colore giallo paglierino. Fra le novità anche quelle alle visciole, al radicchio rosso tardivo Igp o al riso. Numerose – continua la Coldiretti – sono le iniziative progettuali agricole che si basano sull’impiego dell’orzo aziendale in un contesto produttivo a ciclo chiuso garantito dallo stesso agricoltore». Potremmo dunque concludere che la birra fa bene all’economia del territorio, e anche al mercato del lavoro: secondo Coldiretti «il mercato della birra genera una forte spinta all’occupazione, soprattutto tra gli under 35 che sono i più attivi nel settore, con profonde innovazioni che vanno dalla certificazione dell’origine a chilometri zero al legame diretto con le aziende agricole, ma anche la produzione di specialità altamente distintive o forme distributive innovative come i brewpub o i mercati degli agricoltori di Campagna Amica». A sostenere la produzione italiana di birra ci sono le coltivazioni nazionali di orzo con una produzione annuale di circa 950.000 tonnellate di orzo su una superficie complessiva investita di circa 243.000 ettari. Per quanto concerne la produzione di birra, la filiera cerealicola ipotizza un impegno annuo di granella di orzo pari a circa 90.000 tonnellate.