L’avvento di Internet non ha stravolto solo il modo di acquistare libri, scarpe, abiti o oggetti da collezione. Quello che sempre più prende piede, con dati di crescita a dir poco allarmanti, è il mercato più “dark” del web, dove a farla da padrone è il commercio della droga online, recentemente analizzato in un report, “Internet-facilitated drugs trade”, realizzato dalla società Rand Europe su commissione dello Stato olandese e ripreso dalla rivista Wired. Dopo la chiusura,
avvenuta nel 2013 a opera dell’FBI, di Silk Road, principale portale al mondo per l’acquisto illegale di droga, si pensava fosse stata data una batosta definitiva a questo tipo di commercio. Allora, con l’arresto del fondatore del sito Ross Ulbricht e un sequestro di circa 3,2 milioni di dollari, l’operazione fece pensare a una risoluzione definitiva. Valutazione irrimediabilmente disattesa, con una tendenza a una nascita continua di nuovi siti e portali, ciascuno con l’obiettivo di colmare in modo incontrollabile il vuoto lasciato dal “noto” predecessore. Oggi, secondo Rand, sono circa 50 i criptomercati online (così definiti per via dell’accesso tramite software crittografato, che garantisce l’anonimato più totale), con i principali tre – Alphabay, Nucleus e Dreammarket – che da soli “soddisfano” il 65% dell’offerta. Qualche dato sul business: rispetto al 2013 il numero di transazioni è triplicato e i ricavi raddoppiati, toccando i 25 milioni di dollari di fatturato mensile. A rimanere invariata è stata la composizione della domanda. Cannabis, ecstasy e stimolanti in genere coprono da soli il 70% degli introiti dei criptomercati. In particolare, da tre anni a questa parte la cannabis difende il primato, generando buona parte (il 31%) dei ricavi complessivi, seguita dagli stimolanti (tra cui cocaina e anfetamine) che contribuiscono al 24% del fatturato. Al terzo posto si piazzano ecstasy e affini (inclusa l’MDMA), con una porzione del 16% delle vendite. A seguire le droghe psichedeliche con l’8% e gli oppiacei (tra cui l’eroina) con il 6%. Si tratta di dati che rispecchiano più o meno i “consumi” nel mondo reale, a eccezione dell’ecstasy, più popolare sul web che offline. Un dato che fa pensare circa le tipologie di acquirenti è dato dall’analisi degli importi relativi alle transazioni: seppur vengano registrate per lo più transazioni di modesta entità (sotto i 100 dollari), finalizzate dunque a un uso di tipo personale, circa un quarto del fatturato è dato dalle cosiddette vendite “all’ingrosso”, quelle che superano i 1.000 dollari l’una e che, presumibilmente, vengono effettuate da spacciatori. Il 46% di questi “ordini” proviene dalla Cina, il 20% dal Belgio, il 15% dal Canada e il 12% dall’Olanda. Quanto a diversificazione geografica dei fornitori, in testa a tutti, anche per ragioni dimensionali, gli Stati Uniti, che coprono il 36% del totale. A seguire la Gran Bretagna, che detiene il primato europeo pari al 16% del totale; terzo posto per l’Australia, con il 10,6%. Fra le motivazioni che spingono all’acquisto on-line: sicurezza nella transazione, qualità e varietà dell’offerta, semplicità e velocità nella spedizione. Dati, dunque, a dir poco allarmanti, e che rappresentano solo una piccola parte del mercato della droga nella sua interezza, quello che considera le tradizionali vendite nel mondo reale e che secondo le stime fattura circa 2 miliardi di dollari al mese.