Eugenio Bennato protagonista dei primi due giorni del “Festival dei Mondi”. Prima a Villa Recalcati e poi a Ville Ponti, come un cantastorie ha raccontato l’amore per la musica, la canzone popolare e le terre del Sud del mondo, fautrici e succubi di tanti cambiamenti nella storia.
La prima occasione d’incontro con il pubblico varesino venerdì sera nella tensostruttura del parco di Villa Recalcati, quando, subito dopo l’inaugurazione del festival, è stato protagonista sul palco con Silvi Priori e Roberto Carlos Gerbolès della première di “Sur”.
Uno spettacolo di teatro canzone, con musica dal vivo, realizzato dall’associazione teatrale varesotta in collaborazione proprio con Eugenio Bennato.
Il racconto è tratto da uno studio su “Ninco Nanco deve morire”, il libro di Bennato, in cui si evidenziano i Sud del mondo e quello che li accomuna. Luoghi che appartengo a tutti, luoghi che abitano dentro ciascuno.
Il tutto si svolge nel periodo dell’unità, raccontando quanto accaduto con il brigantaggio: si tratteggiano profili di persone considerate banditi e brutta gente, ma che la storiografia di controtendenza individua come contadini che difendevano la loro terra.
Nel racconto, tra le parole rese vere dalla Priori e da Gerbolès e le canzoni di Bennato, le storie di persone, briganti e fuggitivi per i canoni dell’epoca, che hanno vissuto in diversi Sud del mondo, dalla Spagna all’Africa all’Argentina. Storie che Bennato racconta per primo nel suo libro “Ninco Nanco deve morire”, presentato sabato mattina.
«Quando scrivemmo “Brigante se more” ci accusarono di esserci impossessati di qualcosa che era già stato scritto, tanto era vera e riconducibile alla tradizione della canzone popolare – racconta Bennato – Giulio Maiano, inventore dello sceneggiato televisivo, ci disse che aveva bisogno di un canto che incollasse gli spettatori alla tv: scrivemmo “Brigante se more” e fu vincente. È un percorso di riscoperta di una storia e una cultura negate. È una realtà che esiste più che mai in situazioni come quella vissuta con “Sur”. Con il pubblico accade qualcosa di rivoluzionario: si solleva l’energia popolare che va in controtendenza con la musica e la cultura moderne».
Bennato è ben convinto dell’importanza e della forza della musica per risvegliare gli animi e raccontare verità storiche.
«Oggi la musica sta sovvertendo i valori e ha un potere forte. Le nostre realtà musicali locali e tradizionali ci rendono internazionali e originali, mentre la musica che si appiattisce sul genere commerciale ci porta indietro. Accanto a fado e flamenco i grandi festival mettono la musica popolare italiana. La musica è il vero elemento rivoluzionario in Italia».
Non poteva mancare il confronto con il fratello Edoardo: «Il nostro rapporto è bellissimo e tranquillo. Ci siamo divisi i campi di azione. Un esempio è il viaggio in Cile diversi anni fa. Edoardo cantava a un festival e mi chiese di dirigere l’orchestra. Terminata l’esibizione uscì con i suoi amici che parlavano inglese, io con i miei che parlavano spagnolo: il Nord e il Sud del mondo».
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