Dalla mattina fino al pomeriggio di oggi, martedì 25 ottobre,nella cava del cementificio Colacem di Caravate, si è svolto un esperimento giudiziario unico nel suo genere per riprodurre la morte di Marisa Maldera, moglie di Giuseppe Piccolomo.
La donna morì bruciata all’interno dei una Volvo Polar bianca il 20 febbraio 2003: le forze dell’ordine impegnate sul campo hanno recuperato una macchina identica a quella dell’incidente in modo da riprodurre in ogni dettaglio le dinamiche dell’accaduto.
Alle 16.20 è stato dato fuoco alla macchina per simulare il rogo che bruciò Marisa Maldera. All’interno del veicolo è stato posizionato un dispositivo capace di analizzare tutti i dati relativi all’incendio quali i fumi, la temperatura e le tempistiche del rogo. Le informazioni raccolte serviranno agli inquirenti per valutare se la veridicità della versione dei fatti fornita da Piccolomo.
Nell’esperimento è stato registrato che il parabrezza è stato il primo elemento dell’auto ad esplodere, seguito dai finestrini e solo infine il serbatoio. La dinamica è durata quasi un quarto d’ora: gli inquirenti non si sono sbilanciati ma dalle prime constatazione sembrerebbe che Piccolomo avrebbe avuto il tempo necessario per salvare la moglie.
Il Sostituto Procuratore Generale Carmen Manfredda non ha rilasciato dichiarazioni in merito alle indagini ma ha risposto in merito alle motivazioni che hanno portato a questo esperimento. «Per giustizia – ha dichiarato il magistrato Manfredda -. Fermo restando la presunzione di innocenza di Piccolomo fino a prova contraria, è giusto che le figlie di Marisa Maldera sappiano la verità sulla morte della madre». Gli inquirenti hanno inoltre comunicato di essere entrati in possesso di alcuni filmati che avrebbero ripreso il luogo dell’incendio poche ore dopo l’incidente di Caravate: i video saranno oggetto di verifiche e accertamenti.