Da 117 anni custodisce la memoria e il ricordo dei 700 pellegrini che l’8 agosto del 1897 scamparono miracolosamente a un disastro ferroviario.
Tra pochi giorni, il 26 settembre cade l’anniversario della realizzazione della cappella votiva: un’opera dall’alto valore simbolico, ma anche artistico per la presenza di un bellissimo affresco raffigurante la Madonna, realizzata da i, artista malnatese che negli anni Cinquanta e Sessanta creò diverse opere religiose collocate in svariate chiese della zona. Una cappella che si sta deteriorando, ma che Malnate vorrebbe salvare.
La vicenda è nota: l’8 agosto del 1897 due treni, uno proveniente da Milano, l’altro da Varese, per un errore umano si incrociarono sul ponte di ferro di Malnate. Lo scontro sull’unico binario esistente fu inevitabile, anche se le ridotte velocità di passaggio ridussero al minimo i danni. Per fortuna non morì nessuno, ma diversi passeggeri, seppur in modo non grave, rimasero feriti.
Secondo la cronaca del tempo «il treno proveniente da Milano restò saldo sulle rotaie per buona fortuna dei 700 pellegrini della parrocchia di San Gottardo di Milano che si recavano a Santa Caterina del Sasso».
La comitiva vide in quella vicenda un fatto miracoloso e volle ringraziare in qualche modo la Madonna. Tanto che il 26 settembre del 1697, pochi giorni dopo il deragliamento del treno, davanti ai 700 fedeli fu inaugurata la cappella votiva che tuttora resiste sulla salita che conduce verso il cimitero di Malnate. E sotto c’è la targa: «Mira o passeggero l’abisso di quel ponte ove il giorno 8 agosto 1897 dovevano perire 700 divoti pellegrinanti da San Gottardo in Milano a Santa Caterina del Sasso e pensa alla potenza di Maria e dei Santi che li salvarono».
La cappella, compreso l’affresco, realizzato da Borghi nel 1951 si stanno perdendo.
Il figlio Giuseppe vorrebbe che ci si attivasse in modo concreto per recuperare l’opera: «Sarebbe davvero un peccato – dice- anche perché al momento esistono ancora delle tracce ben visibili. È auspicabile intervenire per non perdere un’opera erosa dal tempo e dall’incuria».
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