– C’è posto per l’hockey con l’Hc Chiasso, per i roller con Canguri Roller Brebbia, c’è posto anche per qualche lavoretto nel fine settimana e per l’università, con un 28 in diritto privato e un paio di trenta. In definitiva nella vita di , classe 1993, studente al secondo anno di Giurisprudenza all’Insubria, c’è spazio un po’ per tutto, compresa la dislessia.
La certificazione di Dsa (disturbo specifico dell’apprendimento) per lui è arrivata abbastanza tardi,
quando era in terza liceo scientifico. L’anno era andato perso e Mattia si trovò a ripeterlo, ma fu proprio allora che la professoressa di latino si accorse di qualcosa che non andava.
«C’era troppo differenza tra i voti degli scritti e degli orali e la prof è stata grande» così racconta Mattia, con le parole che usano i ragazzi che hanno poco più di venti anni.
Da lì comincia l’iter con i test e i colloqui con gli esperti per comprendere e certificare che, nel caso di Mattia, il problema ha un doppio volto quello della disgrafia e della discalculia.
«Nonostante qualche lacuna e difficoltà – racconta – fino a lì me l’ero cavata a scuola. Mi hanno spiegato poi che, chi ha questo tipo di problema, riesce a trovare spesso meccanismi compensativi da solo e quindi sviluppa da sé le capacità di schematizzazione che gli servono per imparare».
Chi ha a che fare con la dislessia sa che molto si gioca proprio su quelli che sono chiamati meccanismi compensativi e dispensativi. «Ricordo quante volte da piccolo mi dicevano che ero pigro – dice – E quanti dettati alle elementari andavano male. Ma io non mi sono mai abbattuto».
Ad insegnare a Mattia la voglia di non abbattersi è stato prima di tutto lo sport perché sui pattini lui ci si è messo ancor prima di iniziare la scuola, quando aveva cinque anni. E da allora non è più sceso. «Oggi gioco a livello agonistico nell’Hc Chiasso che è una squadra di seconda lega, mentre in Italia scendo in campo con i Canguri Roller di Brebbia: lo sport mi ha insegnato fin da piccolo che per ottenere le cose si devono fare tanti sacrifici, compreso quello a volte di rinunciare agli amici e al divertimento».
Ora che è all’università le regole del gioco per Mattia sono le stesse. «So che per me è più difficile che per gli altri – dice – ma ce la posso fare anche perché ho tutti gli strumenti e gli aiuti necessari dalla mia università che, essendo piccola, permette di avere un buon rapporto con docenti e uffici. E l’ufficio che si occupa degli studenti disabili è davvero sempre al mio fianco».
Gli strumenti compensativi per lui si chiamano registratore, audiolibri (non facilissimi da trovare a livello universitario) e da ultima la smart pen, uno strumento che permette di registrare l’audio e collegarlo al testo. «Si tratta di una penna che serve a prendere appunti su supporto elettronico e che permette anche di attivare la funzione di registrazione quando si resta indietro».
Gli ausili dispensativi, invece, si concretizzano in un maggior tempo per consegnare gli scritti che tiene conto della difficoltà oggettiva nella scrittura. «Il fatto che fino alla terza liceo ho vissuto la scuola senza nessun aiuto per le mie problematiche – dice – probabilmente mi ha aiutato a sviluppare tanto le mie capacità».
Ora lo studio del diritto non lo spaventa più di tanto. «Molti dicono che si tratta di uno studio mnemonico – dice – ma per me, che sono abituato a schematizzare, è molto più simile alla fisica: è una questione di presupposti, di cause e di effetti. Se si capisce questo, allora diventa molto più semplice affrontarlo».