La città del degrado o la Città Giardino? Varese era, e per ora rimane, la città del degrado. I muri imbrattati, i marciapiedi divelti, i lampioni rotti, i tombini che saltano nell’occasione di ogni temporale. Poi le varianti: incursioni un po’ più insozzatrici delle altre da parte dei graffitari-vandali, sporcizia nelle strade (e nei sottopassi: come riportato oggi nelle nostre cronache è sufficiente dare un’occhiata in viale Milano e davanti alle stazioni, per crederci), bivacchi iperaffollati di extracomunitari in piazza Repubblica e altrove.
Questa è l’immagine reale della città. Un’immagine che dura da tempo, e che ci è stato promesso che verrà cambiata. Bene, cambiatela cari amministratori. Crediamo ai vostri intenti, al vostro impegno, alle vostre capacità. Ma fate in fretta, subito, di corsa. Il biglietto da visita di Varese deve modificarsi quanto prima. I progetti a medio e lungo termine, i rivolgimenti strutturali, le opere che rilanceranno il capoluogo sono importanti, e riscuotono il nostro consenso e il plauso dei varesini: è doveroso pensare in grande. Ma intanto guardiamoci intorno e risolviamo quelle che non sono piccolezze. Il decoro urbano non è l’invenzione di qualche fissato dell’estetica, ma la base su cui costruire una città pulita, sicura, vivibile. E bella, insomma. Una città che sappia fregiarsi meritoriamente di quel titolo di Città Giardino che le venne tanti anni orsono attribuito, che sappia valorizzare le sue ricchezze architettoniche e le sue aree verdi, a partire dai Giardini Estensi che valsero dalla penna di Stendhal l’appellativo di “Versailles di Milano”. Vorremmo poterla riscoprire, questa città, prima di dimenticarci per sempre che può esistere davvero.