Ieri, quand’è scesa la notte, la luna ha sorriso. Cos’avrà da sorriderci, in notturni così grami? Si penserebbe nulla. Si penserebbe, perciò, che la luna ha voluto scherzare. Guardar giù e far sapere: lì ve la passate male, qui si sta d’un bene che non credereste. Dunque una luna ignara delle cose del mondo o irrispettosa degli affanni cosmici. Altro che graziosa luna (Leopardi), o carezzevole e leggera (Baudelaire) o arpa che vibra (Spaziani) o musa del virtuosismo pallonaro (Dybala/Pogba).
/>Ma questo di primo acchito. Di secondo, l’attenzione è caduta sul sorriso in sé. Sul fatto che esiste davvero, non è sparito come ormai sembrerebbe. Ecco che cosa ha voluto segnalare la luna, sulla quale Armstrong posò il piede 47 anni fa: nonostante tutto, ricordatevi del sorriso. Almeno di un sorriso ogni tanto, pur se non avete grandi motivi per sorridere.
Però uno dice alla luna: non posso stamparmi sul volto un sorriso forzato/imposto/tecnico. Ma la luna gli risponde: sbagli, non è sempre vero che il sorriso sia espressione di fortuna economica, gradimento sociale, equilibrio di vita, angosce rimosse. Non è solo roba per gente gratificata/ricca/felice. A volte (molte volte) accade il contrario: il sorriso non rappresenta l’esito di un’allegria, ne innesca la causa. Gratifica lo spirito, muove all’ottimismo, rende possibile il sogno della serenità.
Uno scrittore britannico che traversò l’Italia nel Settecento, annotò nel suo diario: il sorriso può aggiungere un filo alla trama brevissima della vita. Nel ricamo della quotidianità, non scordiamone l’uso.