«Vi ricordiamo che l’ospedale di Angera è nato per volontà popolare, grazie alle risorse di privati. Vi ricordiamo che al momento della chiusura lo scorso 6 dicembre, il Punto nascite di Angera era in possesso di tutti i requisiti di sicurezza previsti per legge».
Inizia così, con queste due puntualizzazioni, la lettera che le mamme ribelli dell’Ondoli e i cittadini del presidio dell’ospedale di Angera, hanno inviato al ministro della Salute Beatrice Lorenzin, al presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni e all’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera, in vista dell’incontro che dovrebbero avere a giorni e che dovrebbe decidere il futuro del punto Nascite dell’Ondoli.
Una data certa per il confronto ancora non c’è: si parla del 19, forse del 20 gennaio.
Fine di questa settimana, massimo inizio della prossima. Se sulla riapertura della Pediatria la Regione ha fornito una data certa, entro il 31 gennaio, per il Punto nascite tutto dipende dal Governo.
«Vi ricordiamo che ogni mamma ha un percorso di gravidanza diverso da quello di ogni altra donna. Questo importante fattore influisce profondamente nel momento del parto e si scontra con la logica dei numeri che vorrebbe incanalare le mamme in un unico modello, quello medicalizzato, come se il parto fosse una malattia e non un evento fisiologico dove la donna ha un ruolo attivo e non passivo e pertanto deve essere sostenuta», si legge.
«Vi ricordiamo che il Punto nascite di Angera – si legge ancora – sino al momento della chiusura rappresentava un’eccellenza non solo nella professionalità del servizio, ma anche gli aspetti psicologici inevitabilmente connessi al parto. Il momento del parto richiede una reale presa in carico della persona (mamma e bambino) che devono essere messi al centro».
Continua la lettera: «Vi ricordiamo che la chiusura del Punto nascite costituisce uno squilibrio all’interno dell’ospedale Ondoli che mette a rischio l’intera struttura che oltre all’Ostetricia, vanta altre eccellenze come ad esempio la Chirurgia, uno tra i primi reparti che ha praticato intervento in laparoscopia».
Nella lettera si ricorda che l’ospedale di Angera serve un bacino di 13 comuni, con 50 mila utenti, in una zona turistica, motivo per cui, durante il periodo estivo, il numero di persone che si rivolge alla struttura raddoppia. L’ospedale inoltre si trova in una zona strategica: gli altri presidi si trovano a 30 o 60 minuti di distanza, tempi che raddoppiano negli orari di punta. Tempi che durante un’emergenza potrebbero costare delle vite oppure che, come accaduto pochi giorni fa, obbligano all’intervento dell’elisoccorso per essere resi accettabili.
«Vi ricordiamo – proseguono- che la chiusura dei due reparti ha portato all’intasamento degli altri ospedali (Varese, Gallarate, Cittiglio) obbligando bambini malati ad ore di attesa nei pronto soccorso prima di avere assistenza e partorienti a ore o giorni di attesa su barelle nei corridoi, per mancanza di posti letto».
La missiva conclude: «Infine vi ricordiamo che la salute non è e non può essere ridotta ad una mera questione di sterili numeri e di denari.
Noi cittadini abbiamo il diritto ad avere un servizio sanitario che metta realmente al centro la persona».
Di qui una sola richiesta: «riaprite i reparti». n