Amico mio, compagno di mille allenamenti, persona capace di darmi tranquillità. Mai avrei pensato di doverti salutare, di doverlo fare così presto, di dover asciugare tante lacrime per un addio al quale non ero pronto.
La notizia della tua morte è arrivata con il suono di un messaggio sul telefono, anonimo ma capace di portarsi dietro un carico di dolore difficile da sopportare. Ingiusto.
Ho chiuso gli occhi, illudendomi che il serrare le palpebre sarebbe stato sufficiente a tener dentro le lacrime.
Ho provato a mentirmi, immaginando un errore: un incubo, un brutto scherzo, un’illusione.
Ho realizzato che tu te n’eri andato all’improvviso, cantando, con l’orecchio teso all’ultimo applauso.
Caro Mango, amico mio. Parlare con te era un esercizio capace di regalarmi benessere, perché riuscivi a mettere amore in tutto quel che facevi. Amore per una donna, amore per un posto, amore per la tua terra, amore per la vita.
Le tue canzoni sparavano fuori dalle mie cuffie negli allenamenti più duri, mi hanno accompagnato nei giorni difficili, sono state la colonna sonora delle mie vittore come delle mie sconfitte. Mi hanno fatto piangere, ridere e scattare sui pedali. Mi hanno aiutato ad alzare la testa quando era dura e a tenere i piedi per terra quando sarebbe stato semplice volare più del dovuto.
Ho conosciuto le tue opere, poi ho avuto la fortuna di conoscere te: amico prezioso del quale ero orgoglioso, nel quale mi rifugiavo quando serviva.
Le telefonate interminabili. I tuoi sms che arrivavano sempre tra le due e le quattro de l mattino. i tuoi versi che mi facevi ascoltare in anteprima, la passione per il ciclismo che ti era stata tramandata da qualche lontano parente.
Ci eravamo parlati qualche giorno fa, con la promessa di incontrarci a Milano la prossima settimana. Sì, questo era il periodo in cui la nostra amicizia poteva permettersi il lusso di qualche abbraccio reale. Io lontano dai miei impegni da sportivo, tu capace di ritagliarti spazi tra un concerto e l’altro. L’avevo detto pure a Micaela: «Settimana prossima vado a Milano e mi vedo con Mango».
E invece, no. Te ne sei andato così: cantando una delle tue canzoni più belle e famose. E la tua ultima parola è stata: “scusatemi”. Perché avevi sbagliato un accordo, e hai voluto chiedere perdono al tuo pubblico. “Scusatemi”. Te ne sei andato suonando e cantando. Te ne sei andato durante un concerto. E io lo so, lo so: so che se tu avessi potuto scegliere un modo per salutare il mondo avresti scelto proprio questo. La morte è tremenda e devastante. tu sei riuscito a darle una pennellata di bellezza.
E mi manchi, diavolo come mi manchi. Perché ho ancora bisogno di una parola, di una tua parola.
Ascolto e riascolto le tue canzoni, ed è l’unico modo che ho per tenerti qui.
Una volta, un giorno in cui stavo male, mi hai scritto che “l’amore vince ogni cosa”, te lo ricordi? Io sì: e continuo a ripetermelo per convincermi che vince anche il silenzio. Quello nel quale mi hai lasciato, dopo l’ultima nota, chiudendo il pianoforte.