Come va? «Male, grazie». Una risposta così, nel bel mezzo dell’estate, va necessariamente approfondita: «È che tre mesi senza partite sono veramente fastidiosi. Siamo usciti troppo presto dalla stagione: non ce la faccio più a rilassarmi, mi manca l’adrenalina». Ecco…Ben ritrovato, Giancarlo Ferrero.
L’intervista all’ala della Openjobmetis – lo scriviamo a beneficio dei lettori e per introdurre il primo argomento trattato – doveva essere effettuata già due settimane or sono, ma l’uomo di Bra ci ha chiesto gentilmente di rimandare, fino a ieri. Motivo? Esami universitari. Curiosità fatti capanna.
Sto frequentando la facoltà di Economia e Management all’Università di Torino. Durante l’anno è difficile trovare il tempo, così quest’estate mi sono messo d’impegno e ho sostenuto quattro esami. Mi gratifica molto avere la possibilità di approfondire certi argomenti, soprattutto quelli manageriali.
Non ci ho ancora pensato veramente, ma mi intrigherebbe restare nello sport con un ruolo fuori dal campo, magari proprio come manager. E non necessariamente nel basket, anche se la pallacanestro rimane la mia vita. Per affrontate un futuro del genere bisogna farsi trovare pronti ed è per questo che sto studiando: penso che le società sportive vadano ormai nella precisa direzione di doversi organizzare per il reperimento delle risorse, creando per esempio una rete di aziende come accade a Varese.
Ho fatto un mese di allenamenti fino alla metà abbondante di giugno, insieme al preparatore atletico. Poi sono stato a casa, in quella vera, a Bra, e in quella adottiva, a Casale, dove ho giocato tanti anni e dove abita la mia fidanzata. Ho voluto passare del tempo con i miei amici, sono cresciuto con loro e durante l’anno non riesco mai a frequentarli come vorrei. Non mi piace andare chissà dove: ci vediamo per una birra o una partita a tennis…
Ho iniziato a giocare lo scorso anno e mi sto appassionando molto. Mi permette di recuperare un po’ di quella adrenalina che non riesco a trovare altrove durante i mesi di pausa. E poi è perfetto per chi, come me, non ama perdere…
Trovo che sia fondamentale ripartire da un insieme già rodato e sono dunque molto felice della conferma di Kristjan. Soprattutto dal punto di vista umano: con lui, con Dani (Cavaliero ndr) e Luca (Campani) ci sentiamo settimanalmente e con lo stesso Kangur ho passato tanto tempo fuori dal campo a giugno, quando entrambi eravamo rimasti a Varese. Con tutti loro c’è voglia di stare assieme: abbiamo creato qualcosa di non effimero. I nuovi arrivi? Conosco Anosike e so cosa ci può dare. Su Avramovic e Johnson, invece, sono molto curioso.
Vedo tante squadre ancora da ultimare: a inizio agosto si capirà qualcosa di più. Penso che il livello del campionato sarà comunque più alto rispetto al passato. Prendiamo Torino: nel 2016 si è salvata all’ultima giornata, quest’anno sta mettendo su uno squadrone…
Bella idea, che mi riporta alla primissima cosa che mi ha colpito di Varese quando sono arrivato: quanto il pubblico ami riconoscersi in questa squadra. Il trust ne è una logica conseguenza e aiuterà a trovare nuove risorse economiche per la nostra società.
E io do la mia piena disponibilità a farlo. Voglio sposare questa causa perché per me Varese va ben oltre i due anni di contratto che ho firmato: io, qui, ci vorrei rimanere molto più a lungo. Sento il calore di questo luogo e l’ho provato anche nei momenti più difficili della stagione passata.
Nell’esperienza, nel curriculum di un giocatore le coppe europee sono fondamentali. E quest’anno – dovessimo effettivamente qualificarci – il livello sarà ancora più alto, a partire dal Benfica che è la squadra più forte del Portogallo.
Non me lo so spiegare. E ci ho provato, credetemi, anche se dopo un po’ ho smesso perchè penso che focalizzare troppo l’attenzione su un particolare alla fine possa essere limitante. Per di più i tiri che da tre che ho preso in coppa sono pure di più di quelli del campionato (30 contro 46 ndr) e la percentuale dovrebbe quindi scendere, non salire… C’è da dire che. all’approccio con la serie A, ho forse un po’ pagato la differenza di velocità e i diversi tempi di decisione rispetto a quelle che erano le mie abitudini. Sono certo che l’anno prossimo questa differenza non ci sarà.
Chalon: senza dubbio cambierei Chalon. Passare il turno contro i francesi ci aveva dato una carica enorme, sapevamo quanto fosse forte Francoforte, ma – insomma – ce l’avevamo quasi fatta… Per me, nonostante la delusione, si è trattato di una grande esperienza: abbiamo fatto risentire ai nostri tifosi il profumo dell’Europa. E poi senza il cammino di Fiba Europe Cup non ci sarebbe stata la possibilità di provare a misurarsi con la Champions.
Personalmente io mi sento sempre in missione e vorrei essere in grado di fare qualcosa in più rispetto all’anno scorso. Riparto con una consapevolezza diversa, ho già dimostrato di poterci stare a questi livelli e ora voglio confermarmi e migliorarmi. Come squadra credo che farò parte di un gruppo che vorrà ottenere un bottino dal campo più cospicuo rispetto all’anno scorso: c’è il desiderio di ritrovarci come nella seconda parte della stagione 2015/2016, sempre pronti e con tanta energia da dare. Il pubblico ci vuole così, conta solo questo. Guardate cos’è successo dopo la sconfitta contro Francoforte…
Nel dopo-partita, quando siamo usciti dagli spogliatoi, i tifosi ci sono venuti a ringraziare e ad applaudire, nonostante avessimo appena perso una coppa… Questa è la base, è il punto di partenza. Da quell’applauso si può davvero costruire.