– Morì di tumore alle ovaie: chiesto il rinvio a giudizio per la ginecologa che la ebbe in cura. , celebre avvocatessa varesina, filantropa e membro di numerose associazioni culturali e di volontariato, morì il 17 dicembre 2013 a soli 54 anni.
La sua scomparsa colpì al cuore non soltanto familiari e amici, ma l’intera città di Varese dove l’avvocatessa era estremamente conosciuta e apprezzata.
Una morte rapida: nell’ottobre del 2013 la donna si rivolse all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. Nello stesso mese fu sottoposta a intervento chirurgico.
A dicembre l’avvocatessa moriva. Dopo la sua morte i familiari presentarono un esposto chiedendo di verificare se la donna fosse stata adeguatamente curata.
Il pubblico ministero di Varese ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo.
Nessuna contestazione viene mossa ai medici dello Ieo; il pm ha invece indagato la ginecologa milanese che lavora all’ospedale San Raffaele di Milano che dal 1998 aveva avuto in cura Viazzo.
Il pubblico ministero, infatti, rileva che da un’ecografia risalente al maggio 2011 (normale esame di controllo) erano stati segnalati due miomi alle ovaie, uno di 18 e l’altro di 22 centimetri di diametro.
All’epoca il medico non aveva reputato opportuno eseguire ulteriori accertamenti. Il punto sul quale insiste la procura parte da quell’esame del 2011 per arrivare al luglio 2013 quando Viazzo si sottopone ad altro esame di controllo sempre con la stessa ginecologa. Nel referto si fa riferimento ai due miomi, sottolineando come il nuovo esame (quello del luglio 2013) abbia evidenziato segni di colliquazione.
Anche in questo caso il medico non ritenne opportuno eseguire ulteriori analisi per approfondire la situazione.
Scrive il pubblico ministero nel capo di imputazione: «A seguito di tale comportamento omissivo e per tal verso imperito e della sottovalutazione di quanto già emergente, nonostante l’imperfetta e non esauriente ecografia, alla paziente non potevano essere apprestate immediate cure che continuava ad accusare forti dolori, sino a dover eseguire altra visita specialistica». Quella fatta allo Ieo nell’ottobre del 2013 che «evidenziò – scrive il pubblico ministero – una voluminosa massa pelvica del diametro di dieci centimetri».
Per la procura, in sintesi, se la ginecologa avesse immediatamente approfondito il quadro clinico l’avvocatessa avrebbe potuto contare su maggiori possibilità di un epilogo diverso della propria patologia.
La perizia medico legale va in direzione contraria: si parla infatti di impossibilità alcuna di evitare l’esito infausto della patologia.
La procura, però, vuole andare a fondo: giovedì la ginecologa indagata comparirà davanti al Gup che potrebbe anche ordinare una nuova perizia medico legale per avere un quadro più chiaro della situazione.