Si racconta, o meglio lo farà presto, in un libro Claudio Chiappucci. E della sua storia, della sua carriera, c’è tanto da dire.
Campione istrionico, mai banale, mai incline a restare negli schemi. Chiappucci, El Diablo, corridore varesino che si è innamorato della Francia e ha fatto innamorare i francesi di lui, per quel suo correre alla garibaldina, alla “o la va o la spacca”.
La fuga e la vittoria di Sestriere, gli attacchi da lontano, la volontà di scrivere sempre pagine belle e diverse tar loro.
Dovrebbe uscire entro la fine dell’anno, di materiale ne abbiamo tanto anche perché non ho mai fatto prima una cosa del genere. Sì, esiste un libro precedente, una sorta di “Chiappucci story” fino al 1992. Poi da quel momento in poi non ho voluto più fare nulla.
Dopo tanto tempo dalla fine della mia carriera, questo è un modo per ridare qualcosa ai miei tifosi. Delle emozioni che dalla strada passano sulle pagine di un libro. Lo scriverò assieme a Beppe Conti (giornalista di Rai Sport).
Perché mi conosce, e perché l’idea è nata anche parlandone con lui. Beppe ha sempre seguito la mia carriera, fin dall’inizio, mi conosce bene, era presente alle mie gare. Quando gli racconto qualcosa, lui sa benissimo di cosa parlo, ricorda i momenti, i dettagli. Siamo in sintonia.
Mercoledì è stata per me la prima volta in cui ho partecipato ad una presentazione di una corsa che ho vinto da dilettante. E questo serve a sottolineare una volta di più la grandezza di questa manifestazione, è una corsa che dura da una vita, sessant’anni. Nei primi anni era una corsa come tante, però è resistita nel tempo, adesso è storica, è un orgoglio per il territorio. A riguardare la foto che mi ha regalato Silvio Pezzotta, relativa alla mia vittoria nel 1983, mi sembrava ieri. Ripensare a quel giorno mi ha emozionato, mi ricordavo tutto.
Deve passare per i luoghi che hanno scritto la sua storia. E ce ne sono tanti: penso anche al “mio Sestriere”, anche se la mia impresa la firmai al Tour de France. Lo dico con una punta di orgoglio personale, dai. Oppure penso a Corvara, comunque luoghi storici, anche non per forza del recente passato. Mi immagino un Giro che vada a toccare i punti che lo hanno reso il mito che è.
Sicuramente Vincenzo Nibali, ha vinto il Giro d’Italia e si è confermato uno dei pochi corridori in grado di vincere si tutti i terreni.
Mi ha deluso un po’ Fabio Aru, se devo essere sincero: da parte sua mi aspettavo qualcosa di più, soprattutto al Tour. Se programmi tutta la stagione su un obiettivo, devi essere presente, devi andare a podio.
Delle tre corse a tappe principali, di sicuro il Tour è stato quello più scarso a livello tecnico, di spettacolo e di storia. Si è visto poco, se non le tantissime cadute e la corsa da principiante di Froome senza la bicicletta. Cose strane, che sinceramente dal Tour non mi aspettavo.
Sarà un mondiale a dir poco atipico, non so nemmeno quanto interessante. Solo il vento, il caldo e la sabbia possono renderlo difficile. Sinceramente, quando penso ad un mondiale mi vengono in mente scenari diversi, ma ormai il ciclismo ha scelto la strada del business, si è globalizzato anche troppo. Mentre a parer mio questo sport è storia, tradizione, passato, e sono qualità da preservare.
In questi giorni sono a Roma per la Granfondo che si terrà domani, e vorrei raccontarvi una bella cosa: per la prima volta, pedalo con mio figlio. Lui ha scelto la strada del calcio, in questo momento è senza squadra e per questo ne ho approfittato per portarmelo dietro.
Purtroppo ero via e non ho avuto modo di partecipare, così come non sono riuscito mio malgrado a vedere la Tre Valli. Certo è un bell’inizio, i partecipanti erano parecchi. A Varese, anche per le problematiche del traffico, è sempre stato difficile mettere in piedi una Granfondo: complimenti agli organizzatori, perché immagino che per loro sia più difficile che gestire la Tre Valli.