Questa è la storia di Matteo, ventisei anni, che di cognome fa Mella e a fine ottobre aprirà in via Brunico presso l’Apicoltura Frattini – a pochi passi da quello che fu l’ex mercato ortofrutticolo in via Molina – la prima filiale varesina de “L’Alveare che dice sì”, la nuova start up torinese della distribuzione “green” a chilometro zero: un mercato rionale e al contempo virtuale, un’operazione innovativa destinata a fare da apripista per tante altre realtà
identiche sui vari rioni varesini.
Nomen omen, è il caso di dire, si laurea in agraria nell’aprile del 2015. Bello, bucolico e sognatore, nasce in un cortile in via Tagliamento e cresce alle Bustecche fra prati e boschi. «Ci sono, nel mio quartiere, posti bellissimi e immersi nella natura, fra cascine e case contadine: i luoghi di ritrovo della mia compagnia. Eravamo tipi da casetta a nel bosco e da grigliate nel pratone».
Così Matteo, spinto dall’entusiasmo, sceglie di frequentare l’istituto tecnico agrario G. Mendel a Villa Cortese, nonostante la fatica quotidiana del viaggio: allora non c’era ancora la sezione di agraria all’ISIS Newton. E mentre studia, riempie le sue estati con il lavoro: a diciassette anni fa il casaro in val Formazza all’Alpe Vannino, l’anno della maturità il giardiniere. «Dopodiché mi sono iscritto ad Agraria a Piola, pur continuando a lavorare: il mio ideale è sposare il lavoro manuale con quello intellettuale».
Terminato il percorso universitario, il giovane parte con la “morosa” per la California e si impiega presso una famiglia come giardiniere. «Un’esperienza importante durata quattro mesi e che mi ha permesso di conoscere la permacultura, una filosofia che fatica ancora ad entrare in Italia e che si ispira all’agroecologia. Si tratta di una tecnica di progettazione agricola che segue i principi ecologici e che studia le interazioni fra i soggetti di un ecosistema allo scopo di minimizzare gli sprechi e aumentandone l’efficienza». Un metodo di coltivazione ancora di nicchia benché caldeggiato a livello accademico, di cui Matteo è portavoce in suolo varesino. Sì, perché il nostro a novembre tenterà l’esame di stato come agronomo. «Nel frattempo, fra lavoretti vari di giardinaggio per mantenermi, coltivo la mia professionalità a tutto tondo, imparando il mestiere dell’apicoltura, facendo esperimenti orticoli e facendo tirocinio con un agronomo professionista».
Ma non è tutto. Appassionato di tree climbing, ossia delle potature degli alberi in alto fusto in arrampicata per mezzo di imbragature, Matteo, spirito imprenditoriale, si lancia in una scalata al successo decisamente originale assieme alla collega Chiara Campi, con la quale, in contemporanea, con data ancora da definire, aprirà, lui al quartiere Molina, lei a Bobbiate, l’avventura varesina dell’Alveare. «Già nella tesi valorizzavo il discorso del territorio e dei prodotti locali: avevo studiato la creazione di un nuovo impianto per i mirtilli, dal terreno alle varie metodologie di vendita, arrivando sino al contatto col gelataio. Nel progetto dell’alveare i produttori sono tutti reperiti in provincia, dall’azienda Agricola Valle Luna che ci fornisce salumi, formaggi e latte fresco alla zucca di Cenerentola di Ispra che produce conserve, succhi, ortaggi ed erbe selvatiche; non mancheranno i frutti minori – lamponi, mirtilli, frutti di bosco – e probabilmente anche il pane fatto ancora con il lievito naturale, come una volta. Attualmente ho una settantina di iscritti. La gente compra i prodotti online sul negozio virtuale (alla pagina www.alvearechedicesi.it). Ogni produttore ha un suo profilo virtuale: carica i prodotti della settimana con il prezzo deciso da lui, dopodiché il consumatore entra, apre il paniere, lo riempie, e una volta alla settimana, il giovedì dalle 18:30 alle 19:30, avviene la distribuzione assieme ai produttori che ricevono il denaro solo a cassette consegnate, perché gli acquisti saranno “congelati” sino a quel momento. Una garanzia per tutte le parti in causa» conclude il giovane e intraprendente futuro agronomo col pallino degli affari.