Un libro da leggere assolutamente è “Catilina: ritratto di un uomo in rivolta”. La penna di Massimo Fini, impietosa, entra con il suo stile dissacrante in quella che era la politica romana durante la res publica Un libro scritto due decenni fa, ma sempre attuale, anche per capire e comprendere la storia dell’Italia repubblicana.
Ma è un libro che fa riflettere molto anche sul fatto che la storia sia sempre scritta dai vincitori.
“Sulla sua strada – si legge – trovò l’ostilità feroce dell’oligarchia aristocratica e a farsene interprete un uomo che, per temperamento, abitudini, attitudini, carattere, concezione della vita, era diversissimo da lui, anzi proprio l’opposto: Marco Tullio Cicerone”. Fini demolisce parola dopo parola Cicerone, descrivendolo come un democristiano ante litteram. E soprattutto evidenziando la sua natura pavida.
La lettura che lo scrittore dà della vicenda di Catilina è quella di una sacrosanta rivolta, da parte di chi vuole riformare le istituzioni, contro un sistema politico iniquo. “Certo è che per metterlo definitivamente fuori gioco gli aristocratici indussero il giovane Publio Clodio a sporgere contro Catilina una denuncia di concussione per la sua attività di governatore in Africa, strumentalizzando le lamentele, che erano d’assoluta routine, di alcuni delegati di quella provincia. E la legge escludeva tassativamente che chi era sotto processo potesse candidarsi a una magistratura.
Ciò faceva sì che l’arma della denuncia penale fosse usata spessissimo come strumento di lotta politica per togliere di mezzo gli avversari. Negli anni 60 e 50 ci furono un centinaio di processi del genere. Catilina fu processato nel novembre del 65 quando, essendosi delineato il suo programma di radicali riforme sociali, era considerato dall’aristocrazia un «pericolo pubblico». Nonostante il clima a lui totalmente ostile Catilina, difeso dal grande Ortensio, fu assolto da ogni addebito”.