Di fame si può morire, anche in una società che di cibo ne ha in abbondanza: si muore di disturbi alimentari, ci si distrugge piano piano in una solitudine che spezza in due. Anoressia, bulimia, binge eating desorder e drunkoressia.
«In Italia sono circa tre milioni i giovani che soffrono di disturbi del comportamento alimentare (Dca), di cui il 95,9% sono donne e il 4,1% uomini; il numero di morti in un anno per l’anoressia
nervosa si aggira tra il 5,86 e 6,2%, tra 1,57 e 1,93% per bulimia e per gli altri disturbi tra 1,81 e 1,92% – spiega , responsabile del Centro per lo Studio, Diagnosi e Terapia dell’Obesità e della Malnutrizione all’ospedale di Saronno – Considerando la fascia dì età colpita (12-25 anni) e la tendenza alla cronicità dì questi disturbi, se non tempestivamente diagnosticati e correttamente trattati, è facile comprendere come possano avere costi altissimi per l’individuo, per la famiglia e la società».
Il 15 marzo scorso è stata la Giornata col fiocchetto lilla, giunta alla sua quinta edizione , dedicata in tutta Italia ai disturbi del comportamento alimentare.
Il 2 giugno prossimo, per la prima volta, si celebrerà la Giornata mondiale dei disturbi alimentari, segno che la sensibilità è aumentata, che il problema c’è e si deve affrontare. L’approccio mentale è alla base della definizione odierna di anoressia e bulimia, catalogate come patologie mentali da curarsi in area psichiatrica. Questi disturbi sono multifattoriali: c’è la cultura ma anche lo stile di vita, il disagio personale ma anche quello ambientale.
Le persone che soffrono di questi disturbi trovano in riva al Ceresio, una struttura tranquilla e pronta ad accoglierle. Si tratta di Villa Miralago, sulla collina di Cuasso. Il Centro è costituito da due comunità per adulti e una comunità per minori.
Un ricovero in media dura dai tre ai cinque mesi, ma le ricadute sono molto frequenti e di solito prima di arrivare a una guarigione i pazienti ripetono l’esperienza della clinica più volte. A Villa Miralago i disturbi alimentari vengono affrontati in modo multidisciplinare: da un lato c’è l’aspetto psichiatrico, affidato a psichiatri e psicologi, ma dall’altro c’è quello nutrizionale, che è stato affidato a dietisti e nutrizionisti, e poi quello culturale per cui sono stati “reclutati” animatori che coinvolgono i pazienti in laboratori manuali e artistici, senza dimenticare l’aspetto fisico affidato allo psicomotricista e quello emotivo per coinvolgere i pazienti in un counselling filosofico alla ricerca di risposte interiori.
Il tutto accompagnato dalla figura di alcuni educatori. L’approccio terapeutico del centro di Cuasso al Lago parte da un presupposto fondamentale: «Dai disturbi del comportamento alimentare è possibile guarire. Guarire vuol dire non aver più bisogno di manomettere il proprio rapporto con il cibo e con il corpo. Fino a quando si frapporrà qualcosa tra il paziente e il cibo/corpo, fino a quando le paure, le angosce, i fantasmi, continueranno a inquinare, a ingabbiare, la libertà di mangiare o di apparire, non può esserci guarigione, al di là di ogni peso immaginabile, al di là di ogni abitudine alimentare».