La prima è una riedizione dell’allestimento originale della mostra che nel 1966 diede il via al percorso che portò alla nascita del museo. La seconda una rilettura della storia dell’arte e della poesia del ’900 affidata al poeta gallaratese Franco Buffoni.
“Ritmo sopra a tutto. Cinquant’anni di storia e di arte al MA*GA” è il titolo dell’iniziativa presentata ieri mattina nel corso di una conferenza stampa. E che vedrà la sua inaugurazione domani sera (venerdì 14) alle 18.30 all’interno della galleria di via De Magri.
«La prima parte dell’esposizione è una ricostruzione del mitico appartamento di via XXV aprile in cui, nel 1966, venne allestita la prima mostra con 126 opere», ha ricordato Buffoni. «Silvio Zanella», ha aggiunto,
«con estrema preveggenza raccolse il meglio della produzione artistica italiana di quegli anni, avviando una geniale opera di raccolta attraverso il Premio arti visive Città di Gallarate».
Si trattava di un nucleo contenente pezzi di artisti quali Afro, Renato Birolli, Carlo Carrà, Franco Gentilini, Emmio Morlotti, Mario Radice, Bruno Saetti, Giuseppe Santomaso, Atanasio Soldati, Ernesto Treccani, Emilio Vedova. Nomi passati alla storia dell’arte del Novecento e transitati nei pochi metri quadrati affittati nella Gallarate degli anni Sessanta. Non mancano documenti, video e fotografie del tempo.
Ma “Ritmo sopra a tutto” non è una mostra che punta a rileggere la storia del MA*GA nella sola dimensione cronologica. Al contrario, soprattutto nella seconda parte, la mostra pone le opere d’arte in dialogo con le altre forme espressive, legate alla parola o alla performance, nella rilettura di Buffoni.
Si tratta di una traiettoria che le arti visive hanno compiuto anche e soprattutto dopo la data-simbolo del 1966. Ecco allora, nella sala dedicata al MAC – Movimento Arte Concreta – il lavoro di Amalia Rosselli, poetessa ed acquarellista. Nella sala successiva, poesie di Eugenio Montale e Cesare Pavese ad accompagnare tele, tra gli altri, di Mario Sironi, Felice Casorati, Ernesto Treccani.
Ed ancora, la sala dedicata alle avanguardie degli anni ’60 e ’70 che decisamente allineavano la parola e il segno grafico, all’interno della riflessione diffusa sul linguaggio. Lo ha spiegato bene Buffoni, a partire dalla scelta rispetto al nome dato alla mostra: «La parola ritmo allude, in poesia, all’uso della metrica, che cambia epoca dopo epoca e nelle diverse lingue. Il ritmo invece trascende i confini linguistici: è qualcosa di ancestrale, arriva alla prosa contenendo tutte le metriche».
Allo stesso modo, ha chiosato il curatore, agisce la relazione tra le arti plastiche: «Vedo la mancanza di un confine netto tra scultura e pittura, forte nella produzione degli ultimi decenni, parallela all’evoluzione della scrittura, nello sfumare tra prosa e poesia in prosa poetica».
Una dinamica ben delineata nelle ultime sale allestite in via De Magri, con nomi quali Carol Rama, Enrico Baj, Franco Vaccari. Tra tensioni verso l’ideale, anche politico, che connotava le avanguardie di Emilio Villa e Marinella Pinelli, e le difficoltà del reale, tangibili nei disegni di Franco Vaccari e nelle provocazioni di Aldo Nove.
«Questa mostra non è un traguardo ma un punto di partenza», ha sottolineato Giacomo Buonanno, presidente a fine mandato del museo e presente insieme alla direttrice Emma Zanella, «la vera celebrazione dei 50 anni passa dal ricordo che il MA*GA ha avuto sulla città. E pensare a quello che potrà avere nei prossimi 50».
«Onorato» di prendere parte alle celebrazioni del mezzo secolo del museo il sindaco Andrea Cassani. «Questo attaccamento alla storia è importante, una realtà come quella gallaratese deve ricordarsi anche di questo».