«Volete sapere cos’è la follia? Chiedetelo a un matto. Vi dirà che siete voi pazzi, folli, fuori di testa. Chi avrà ragione? Lui, o voi che lo guardate come matto? Ogni granello di sabbia può generare una perla. Immaginate quanti milioni di granelli di sabbia ci sono e quante perle nascono, mai scoperte. E quante, invece, non diventeranno perle, perché la loro libertà sarà sempre scambiata per follia».
Che sia libertà senza catene e sovrastrutture o vera follia (o forse entrambe: chi siamo noi per giudicare?) il dubbio val bene un piccolo viaggio verso la Schiranna, diciamo tra domani e il 18 giugno. A Varese sta infatti per arrivare Psychiatric Circus, lo spettacolo itinerante della storica famiglia circense Bellucci-Medini che in modo coraggioso e inedito prova ad abbattere le barriere tra teatro e circo, trovando nella conseguente commistione delle due arti un’opera ricca di messaggi sociali, lanciati – tuttavia – senza la pretesa di salire sopra una cattedra. L’unico sussidiario, qui, è il divertimento. Folle, ovviamente.
Sotto al tendone che da domani sera alle 21.30 campeggerà in piazzale Roma dopo aver riempito le piazze di tutta Italia (con diversi sold-out), si viaggia indietro nel tempo e si arriva nella Bergen degli anni ’70, precisamente nel manicomio della città tedesca. Un luogo abitato da esistenze dai confini labili e certamente non canonici, volutamente ignorate dall’esterno, in cui Padre Josef, dottore e direttore, e le sue fedeli suore aiutanti, gestiscono lo scandire dei giorni e le anime che li percorrono: «Un
popolo di pazzi, ognuno con la sua patologia, con i suoi tormenti, con i suoi problemi – spiega , attore e autore teatrale milanese classe 1983, per 10 anni sul palcoscenico insieme al grande Paolo Poli – Io interpreto la figura di Alberto, ossessionato dall’amore per Giulietta, proiezione della sua mente per la quale ha perso la testa. Anche l’amore, in fondo, può essere follia, soprattutto se non ricambiato». Chi ha il coraggio di guardare attraverso le porte di una “casa” per definizione mimetizzata, confinata dietro alla comoda e salvifica ignoranza dal resto del mondo, viene premiato: «Scopre che i folli, emarginati in quanto diversi, hanno delle abilità sconosciute alle persone “normali” – continua Gamberini – Delle doti che forse nessuno ha e che rimangono forzatamente nascoste». In questa scoperta ci sono la forma e il senso di Psychiatric Circus. Sulla pista da circo che si trasforma in palco, lo spettacolo della regista esibisce attori e circensi (acrobati, contorsionisti e danzatori di fama internazionale) che tengono la stessa scena con naturalezza, rompendo le strutture tradizionali fatte di distinguo e di barriere tra i due universi per trovarsi in un insieme che cattura, diverte e coinvolge: «Ridi, rifletti, piangi: nei manicomi succedeva di tutto ed è quello che noi vogliamo rappresentare (per la presenza di alcune scene potenzialmente forti lo spettacolo è vietato ai minori di 14 anni ndr). Gli spettatori non sono passivi: nei nostri sketch vengono coinvolti con un canovaccio che lascia spazio all’improvvisazione e si modula a seconda della persona che sale sul palco. Si tratta di un modo di lavorare inedito e anche difficile per un attore teatrale abituato a un copione, ma molto stimolante». Un’altra barriera abbattuta, in realtà, un’altra contaminazione positiva tra teatro e circo: «Che non solo per definizione è una famiglia – spiega l’attore milanese – In teatro ti saluti finito lo spettacolo e ti rivedi la sera dopo: qui ogni cosa è il risultato di una collaborazione continuativa e variegata e di un’unità che contagia anche chi ci osserva. Il pubblico si diverte perché vede che noi ci divertiamo».
Psychiatric Circus andrà in scena da domani al 18 giugno, tutti i giorni alle 21.30 (domenica si anticipa alle 19.30, martedì riposo). I prezzi variano dai 20 ai 35 euro, ma chi manderà una mail con nominativo e scelta del giorno a [email protected] potrà ottenere un ingresso a 10 euro nei primi giorni di programmazione (consultare la pagina Facebook per ulteriori informazioni). L’ultima avvertenza è di non smarrire con gli occhi nemmeno un istante del gioioso evoluire di questo manicomio itinerante, anzi: «Noi consigliamo a tutti di arrivare un’ora prima – conclude Gamberini – per non perdere la possibilità di entrare in contatto con noi prima dello spettacolo: vedrete, vi troverete a vostro agio fin da subito». Anche perchè, magari non ve ne siete ancora accorti, la verità è soltanto una: siamo tutti matti.