È agli arresti domiciliari a Somma Lombardo, ma quando esce in libertà vigilata per andare a lavorare ha il “vizietto” di rubare biciclette in stazione a Gallarate: la polizia lo scopre, in sella al “corpo del reato”, e lo rimette dietro le sbarre.
È la storia di un trentacinquenne italiano, in regime di arresti domiciliari nella sua abitazione a Somma Lombardo per vari reati, tra cui furto e stupefacenti. Il magistrato di sorveglianza gli aveva concesso un’occasione
di recupero, permettendogli di assentarsi esclusivamente tra le 8 e le 13 per andare a lavorare. Evidentemente però il vizio del crimine è stato più forte dell’opportunità di riscatto. L’uomo non ha saputo resistere alla tentazione di portarsi via una bicicletta trovata alla stazione ferroviaria di Gallarate: una decina di giorni fa l’ha rubata e ha provato a portarsela a casa direttamente pedalando fino a Somma Lombardo.
La Volante però lo ha scoperto e si è messa alle sue calcagna, arrivando ad acciuffarlo sulla statale del Sempione, tra Gallarate e Somma, in sella alla refurtiva e in flagrante violazione del permesso di uscita dai domiciliari. Denunciato in stato di libertà alla Procura di Busto Arsizio, i magistrati hanno proposto e ottenuto l’aggravamento della misura detentiva, così venerdì pomeriggio il 35enne ha dovuto lasciare il posto di lavoro ed è tornato in carcere.
Identica sorte è capitata, sempre venerdì, ad un altro detenuto che era in regime di arresti domiciliari anch’egli a Somma Lombardo: si tratta in questo caso di un cittadino italiano originario del Benin, di 41 anni, che era stato arrestato già due volte per spaccio dagli agenti del Commissariato di polizia di Gallarate. Qui la vicenda è diversa, perché l’uomo non è stato pizzicato mentre compiva altri reati, ma aveva il brutto vizio di sottrarsi ai controlli degli agenti di sorveglianza, adducendo come scusa, ripetutamente, il malfunzionamento del citofono.
Dopo una serie di diffide e solleciti, finiti in nulla, il “furbetto” venerdì è tornato dietro le sbarre del carcere di Busto. Lo ha deciso il Tribunale di Busto Arsizio, stabilendo che il domicilio dell’uomo non era idoneo a permettere i doverosi controlli, e disponendo dunque di sostituire la misura degli arresti domiciliari con la detenzione in carcere: il citofono guasto lo costringerà a questo punto ad attendere il processo in via per Cassano.