Perugia, 7 feb. (Apcom) – Tutto e tutti sembrano smontare le
difese di Raffaele Sollecito e Amanda Knox già dalla seconda
udienza del processo sulla morte di Meredith Kercher. C’è
l’ispettore della Polizia Postale Michele Battistelli, tra i
primi a giungere sul posto del delitto che, entrato in casa su
invito di Sollecito, afferma di aver avuto subito grandi dubbi
sull’ingresso di un ladro nella camera di una delle coinquiline.
“I
vetri erano sopra i vestiti”:
una prassi strana. “Prima si rompe
la finestra per entrare e poi si fruga tra i cassetti. I vetri
dovrebbero essere sotto gli oggetti e i vestiti gettati da terra
per cercare chissà che cosa”. C’è la telefonata fatta ai
carabinieri che Raffaele Sollecito dice di aver fatto appena ha
visto arrivare la Polizia Postale. Erano le 12.25 del 2 novembre
del 2007. Ma quella telefonata sembra sia stata fatta alle 13,
dopo l’arrivo degli agenti. C’è un altro elemento che va contro i
due ex fidanzatini che affermano di aver passato la notte a casa
di Sollecito. Vedendo un film, facendo l’amore e fumando molte
canne. Ma il computer esaminato dalla Polizia Postale – è stato
ribadito oggi in aula – è stato ‘muto’ dalle 21 fino alle 5.33
del mattino.
Raffaele Sollecito però dice in aula: “Io sono vittima di un
errore giudiziario, conoscevo a malapena Meredith”. Il ragazzo
pugliese resta convinto della sua innocenza. Amanda è ancora
silente. Ma un testimone – giunto sul posto prima che si sapesse
dell’omicidio – afferma che la ragazza americana nonostante tutto
considerava normale che Meredith chiudesse la camera a chiave.
Nonostante le macchie di sangue in molti posti e una finestra
rotta. In realta per i coinquilini di via della Pergola il
segnale della porta chiusa era inspiegabile. Metz lo faceva solo
quando se ne andava in Inghilterra. Insomma, gli alibi vacillano.
Già dalla seconda udienza. Oggi sarà la volta del fidanzato
italiano di Meredith citato come testimone dall’accusa.
bnc
MAZ
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