Cara Provincia, di fronte a un altissimo e influente dirigente del calcio italiano (ma non era lo stesso che aveva condotto il Catania allenato dal grande Maran all’ottavo posto, miglior risultato di sempre? Cos’era, un genio allora e un diavolo adesso?) che ammette di aver sborsato centomila euro a botta per comprare partite e salvare la squadra, perché dovrei continuare a portare mio figlio allo stadio a vedere le partite? Come faccio a spiegargli che quelle partite,
forse, sono comprate o vendute? E, soprattutto, come faccio a fidarmi ancora di questo Varese e a mettere piede di nuovo al Franco Ossola? Forse non era mai successo nella storia del calcio italiano che qualcuno confessasse di avere comprato avversari e risultati, ma non era nemmeno mai successo nella storia ultracentenaria del Varese di vendere una gara, e con essa forse anche la serie B, visto che quando giocò contro i siciliani avrebbe potuto ancora salvarsi. per centomila sporchissimi euro? Meglio andare a vedere il Rugby Varese, o una gara dei canottieri paralimpici a Gavirate. Almeno quello che hai davanti agli occhi è tutto vero.
Enrico Del Barba
Tradate
(S. Aff.) Non è sbagliato il calcio in sé, altrimenti non sarebbe lo sport più amato nel mondo: come in ogni altra attività antropica, sono sbagliati gli uomini che lo gestiscono. Il messaggio è: il business anzitutto. Negli sport che lei cita il business non c’è: la molla è la passione. Quando il giudice Battarino auspicava un ritorno al passato, pochi giorni fa su queste colonne, intendeva proprio questo: ritrovare l’essenza antica del pallone. Ne siamo ben lontani.