Dunque, ci siamo. L’ultima giunta, l’ultimo consiglio, l’ultimo discorso. E ora, l’ultimo editoriale (per lo meno, da sindaco: magari gli amici della Provincia me ne faranno scrivere qualcun altro anche da normale cittadino). Tra qualche settimana cambierà tutto, o meglio: la mia “casa lavorativa” si sposterà da via Sacco a via Orrigoni , ma continuerò a fermarmi per strada a parlare con i cittadini che avranno voglia di farlo.
Sono stato un sindaco felice, e sono un sindaco dispiaciuto di levarmi questa fascia: essere il sindaco di Varese è
stato un onore, ma soprattutto è stato bellissimo. Dieci anni dopo sento questo ruolo ancora molto mio, come parte di me stesso. E credo, sinceramente, che sarà così per sempre.
Non voglio fare quello che dà consigli ai più giovani, ci mancherebbe altro: però una cosa voglio dirla a chi verrà dopo di me, chiunque sia. Affrontate ogni giorno da sindaco pieni d’entusiasmo e soprattutto innamoratevi di Varese, della vostra città. Così e soltanto così sarete in grado di svolgere nel migliore dei modi il ruolo che i cittadini vi hanno assegnato. La passione, in quell’ufficio di via Sacco dove negli ultimi dieci anni ho passato tante e tante ore, è il segreto di ogni cosa. Altrimenti, magari senza accorgervene, vi ritroverete come quei militari di leva che non vedono l’ora di finire e segnano sul calendario i giorni che mancano al ritorno a casa.
Ringrazio tutti. Ringrazio i dipendenti comunali, le persone che hanno condiviso con me quest’esperienza, le giunte e gli amici. Ringrazio i giornalisti con i quali mi sono confrontato, scornato, appassionato: e in alcuni casi è stato bello scoprire che oltre l’aspetto professionale ce n’era uno anche personale. Fatto di rispetto e passioni comuni.
Ringrazio il consiglio comunale, che nella sua ultima seduta ha voluto salutarmi con quell’applauso che tanto mi ha emozionato. Un consiglio comunale che è stata ed è la prova provata che ci può essere una buona politica, che non tutti i politici sono da buttare a mare, che non è tutto da criticare. Credo che Varese sia stata, in questi anni, l’esempio che una buona politica può esistere: basta volerlo.
Fatemi tornare, ancora per un momento, all’applauso dell’altra sera: che ha coinvolto anche avversari con i quali mi sono scontrato anche duramente, in questi anni. Ecco, io credo che quando un avversario ti saluta e ti rende onore significa che si è lasciato qualcosa. E permettetemi di essere un po’ orgoglioso, per un gesto che nella politica di oggi si vede sempre meno.