La puntura di spillo arriva a poche ore dal rompete le righe, dal silenzio, dal momento in cui l’immaginario croupier delle elezioni cittadine lancerà la pallina sulla roulette di Palazzo Estense decretando l’inesorabile «les jeux sont fait».
Ed è uno spillo che profuma di delusione e di mancanza, perché non riguarda chi effettivamente concorrerà alla chance di governare la Città Giardino, quanto – invece – chi di questa corsa non ha fatto parte. Il desiderio è
quello di andare a punzecchiare il grande assente: il Movimento 5 Stelle. Chi in altre città d’Italia – addirittura in quella Roma che è sempre stato un termometro di tendenza politica, oltre che feudo inestimabile – si gioca concretamente la partita, invogliando l’elettorato a un vero cambiamento, a Varese ha alzato miseramente, ancorché temporaneamente, bandiera bianca. E non per mancanza di potenziale consenso, o di mezzi, o di idee: no, solo perché ha banalmente litigato al suo interno.
Storia ormai vecchia e risaputa, ritornata tuttavia di attualità allorquando, tre giorni fa, il Movimento è rimbalzato sulle prime pagine dei giornali per aver ridato ai cittadini lombardi, attraverso l’esempio della consigliera regionale Paola Macchi, lo stipendio di tre anni al Pirellone. Insomma: i 5 Stelle hanno fatto notizia per avere mantenuto una promessa fatta agli elettori, hanno avuto risalto per la loro serietà e per le loro virtù di amministratori.
La domanda riemerge allora inquietante: perché qualche mese fa vi siete castrati così maldestramente, cari Pentastellati varesini? Che occasione persa…