Dunque ci siamo. La lunga rincorsa, partita ad autunno quando a sinistra cominciarono le schermaglie per le primarie, è ormai conclusa. Il primo turno ci dirà se i sondaggi ancora una volta hanno sbagliato e qualcuno dei candidati ce la farà a raggranellare più della metà dei voti validi. Se, come è più probabile, si finirà al ballottaggio, la campagna elettorale andrà ai supplementari, lasciando in sospeso nomina del sindaco e attribuzione dei seggi.
Comunque vada a finire, questa tornata di elezioni amministrative rischia di segnare una svolta nella storia delle consultazioni elettorali prealpine. Ci sono ancora, è vero, i due maggiori blocchi che si contrappongono, ma le novità sostanziali sono molte.
Intanto si è fatta largo una forza che si dichiara smarcata da centrodestra e centrosinistra, la Lega Civica di Stefano Malerba, che molto probabilmente diventerà decisiva al momento del ballottaggio. E ci catapulta indietro – strategicamente parlando – ai tempi della Dc andreottiana e alla politica dei due forni. Una strategia che tenta molto anche Alfano (a ottobre, ci ha fatto sapere, nascerà il Partito dei Moderati) e ha già stregato Cattaneo e il suo Ncd varesino,
alleato con il centrosinistra in Provincia e con il centrodestra a Palazzo Estense. Essere l’ago della bilancia assicura molti vantaggi. Ma se gli aghi diventano due, ci hanno insegnato, il rischio è che tutta la bilancia finisca rottamata anzitempo, inservibile alle misurazioni richieste.
La seconda grande novità di questa consultazione è la fine del voto per appartenenze. Ci si schiera e si vota per il messaggio più credibile, che non è necessariamente quello al quale eravamo legati. Le liste civiche – quelle vere e quelle farlocche – hanno scompaginato le carte. Si vedono così nelle liste di centrosinistra candidati che da quella cultura sembrerebbero distanti anni luce. Lo stesso accade nel centrodestra.
Il risultato è che, con l’affollamento di aspiranti consiglieri comunali, ogni elettore alla fine conta qualche amico in liste contrapposte. E al momento di tracciare il segno sulla scheda elettorale verrà assalito da più di un dubbio, indeciso se concedere la sua fiducia a questo o a quello.
E certamente potrà capitare che – fidandosi più di Mario, che pure è schierato da una lista che non lo rassicura del tutto – darà a questi il suo voto, lasciando a secco Andrea, che corre per un simbolo più congeniale, ma che offre meno garanzie di sapersi destreggiare nel labirinto della politica.
C’è di buono che in cabina ci entriamo da soli e nessun amico potrà mai sapere se al momento della nomination il nostro voto lo avrà affossato o gli avrà aperto le porte del Salone Estense.
Mai come in questo caso ringrazieremo i costituenti di averci garantito la segretezza del voto.