Reddito di cittadinanza da 2.254 euro al mese: ma la Svizzera è orientata a dire no all’iniziativa popolare.
Anche in Svizzera oggi si vota: in programma il referendum costituzionale per l’introduzione del “reddito base incondizionato”, quello che da noi verrebbe definito “reddito di cittadinanza”. Si tratta di un assegno da 2.500 franchi al mese che sostituirebbe ogni sussidio sociale.
Nel 2014 il popolo della Confederazione aveva già bocciato la proposta di un salario minimo, che – giusto per avere un’idea delle differenze di potere d’acquisto tra l’euro e il franco svizzero – sarebbe stato superiore ai tremila euro al mese. Stavolta i cittadini d’oltre Gaggiolo saranno chiamati a votare sull’introduzione di quello che è stato ribattezzato “reddito base incondizionato”, vale a dire una retribuzione minima da assegnare a vita, anche per i minori, a chi è senza uno stipendio mensile.
L’iniziativa popolare chiede alla Confederazione di istituire un reddito di base incondizionato affinché – si legge nel testo della proposta – «tutta la popolazione possa condurre un’esistenza dignitosa e partecipare alla vita pubblica, anche senza esercitare un’attività lucrativa».
Se il “sì” al referendum costituzionale dovesse prevalere, anche se i sondaggi sembrano orientati sul “no”, i cittadini svizzeri si ritroverebbero con un reddito minimo garantito, dalla culla alla tomba, di 2.500 franchi svizzeri al mese per gli adulti e di 625 franchi per i minori.
Al cambio, fanno esattamente 2.254 euro per i maggiorenni e 563 euro per gli under 18. Cifre che a noi italiani possono sembrare fantasmagoriche – i nostri lettori ricorderanno l’ondata di richieste piovute alle associazioni degli agricoltori d’oltre confine quando si scoprì che il salario minimo in agricoltura arriva a tremila euro al mese – ma che in Svizzera sono poco sopra la soglia di povertà.
Se è vero che i 30mila franchi all’anno che verrebbero garantiti dal reddito di base rappresentano poco più dei 29mila franchi della soglia di povertà ufficiale della Confederazione (in tal modo gran parte delle prestazioni sociali e dei sussidi di povertà verrebbero di fatto inglobati dal “reddito base”). Avete capito bene: 2.416 franchi mensili, 2.178 euro, in Svizzera sono la “soglia di povertà”. Solo un appartamento in affitto, in una città come Zurigo, costa circa 2.500 franchi al mese. È forse anche questo uno dei motivi per cui appare molto probabile una netta bocciatura dell’iniziativa popolare.
Gli ultimi sondaggi danno i contrari al 71%, e persino tra chi ha un reddito basso, sotto i tremila franchi al mese, solo il 31% appare orientato a votare “sì”. Di certo c’è che governo e parlamento sono apertamente schierati per il “no”. Pesa soprattutto il timore che l’effettiva realizzazione del “reddito base incondizionato” possa costare oltre 200 miliardi di franchi, un terzo del Pil della Confederazione, costringendo così ad aumentare la pressione fiscale, tema molto delicato per i “cugini” svizzeri.
«L’idea – spiega su “Avvenire” l’economista della Supsi di Lugano – è quella di dare un contributo universale alla sussistenza, da non confondere con il reddito minimo, già presente nel sistema di sicurezza sociale svizzero attraverso diversi meccanismi di assistenza a chi non è in grado di potersi sostenere economicamente, né con la proposta italiana del reddito di inclusione sociale, rivolta alle famiglie che vivono in povertà assoluta».