Strumentalizzazione politica o libera espressione? Queste le due correnti di pensiero riguardo alla lettera delle comunità pastorali di San Cristoforo e Maria Regina della Famiglia sulla “questione islamica” che chiede di riaprire il dialogo sul tema della convivenza di diverse fedi e culture a Gallarate e che, in particolare, riporta alla luce la necessità di un luogo di culto per la comunità islamica per il Ramadan.
Fin da subito, il sindaco non ha nascosto di appartenere alla prima scuola di pensiero: «Non dirò mai al Monsignore cosa deve dire o fare con i fedeli – dichiara – Mi aspetterei che anche la Chiesa evitasse di dire cosa dovrei fare o dire io».
Insomma, Cassani non ha gradito questa invasione di campo e, forte del sostegno ricevuto anche all’indomani della lettera, non accenna a fare passi indietro. «Domenica sul sagrato della basilica, di fronte al Monsignore – continua – un cittadino ha espresso il suo sostegno dicendosi indignato per il volantino ricevuto al mattino dopo la Messa». Quello che serve secondo Cassani è mantenere una divisione dei compiti perchè «il Monsignore – precisa – è l’autorità religiosa e il sindaco è quella civile. Non siamo in concorrenza». E, per ciò che riguarda l’apertura menzionata nella lettera, Cassani non ha dubbi: «Se qualcuno, che parla a nome della Chiesa Cattolica, vuole aprirsi più di quanto non voglia aprirsi la mia amministrazione è libero di farlo nei propri spazi e a proprie spese».
Inoltre, il sindaco ha accolto con favore il dissenso di alcuni membri delle comunità pastorali che, pur occupandosi dei problemi della Chiesa e dei cattolici «hanno saputo dire di “no” ad un documento che era evidentemente pretestuoso e frutto non di una visione laica della Chiesa ma di una corrente politica del consiglio pastorale».
Di parere opposto il che, pur non essendo presente al momento della stesura del testo, ha avvallato la distribuzione al termine delle funzioni religiose. «Non vedo nessun tipo di politicizzazione nelle parole scritte dai membri del consiglio» sottolinea il monsignore. E, per chi leggesse della dietrologia, il massimo esponente dell’autorità religiosa cittadina è chiaro: «Sono parole – continua il monsignore – che esprimono la volontà dei laici, presenti nei consigli pastorali, di poter affermare il proprio libero pensiero».
Un messaggio di apertura e di ascolto, due aspetti fondamentali per poter «affrontare questioni delicate che coinvolgono i cittadini, soprattutto quando si tratta di un elemento così importante come la religione» conclude il monsignore.
Dopo aver ricevuto, nella serata di domenica, una copia della lettera via WhatsApp, il referente dell’associazione Il Faro, si è dimostrato soddisfatto del messaggio solidale ricevuto da alcuni gallaratesi. «Noi come comunità islamica non sapevamo nulla fino a domenica – racconta Jabbar – È bello vedere che ci sono persone che hanno capito la nostra posizione».