– Oliviero Bellinzani ha ricominciato a salire da dove aveva iniziato la sua vita con una gamba, nella sua Valcuvia, ai piedi del Monte Nudo. Nella chiesa di San Quirico, a Brenta, l’hanno accompagnato i suoi cari e sono arrivati a salutarlo, anche da lontano, tanti compagni d’avventura e di sogni realizzati in gran parte.
Ma questa volta l’uomo con le ali non ha potuto fermarsi e quando arriverà in vetta non tornerà a casa per preparare nuove scalate.
Oliviero ha iniziato una salita senza fine e a noi, oltre al suo caschetto, la sua corda e la sua picozza, lascia il ricordo e le immagini della sua passione per la vita, per la montagna e la determinazione che lo accendeva ogni volta che pensava e guardava alto perché alto voleva andare.
Quella di Bellinzani è una storia comune a tanti uomini e donne con disabilità che per poter essere considerati normali sembra debbano necessariamente dimostrare qualcosa ogni giorno. Se poi quel qualcosa è un’asticella che si alza ogni volta o un muro che si abbatte, allora ecco che rischiano di apparire qualcos’altro quasi che l’ambizione di sfogare le proprie passioni debba essere un privilegio per pochi. Come ha sottolineato la figlia Xania, papà Oli ha saputo esser padre lasciando indelebili, a chi l’ha conosciuto, i suoi insegnamenti, a partire dal primo e più importante che riassume perfettamente il suo modo di essere: braccia aperte agli altri ma prima di tutto è bene saper cavarsela da solo.
Il suo cruccio di non poter essere utile agli altri come voleva era solo suo. La risposta, anzi la conferma, di quanto si sbagliasse la si è vista in questi giorni leggendo le parole di chi ha voluto stringersi virtualmente ai suoi cari inviando una preghiera, raccontando amicizie datate, condivisioni di scalate ma anche di incontri sporadici. Oliviero Bellinzani ha vissuto da uomo normale tracciando una via speciale che è stata e sarà utile a quanti sapranno e vorranno ripercorrerla con la stessa volontà e la stessa passione.