Maestro, a voi la scena.
La platea biancorossa è già al suo posto. I bus organizzati sono al completo e insieme alle auto hanno preso l’autostrada in direzione Borgaro Torinese: trasportano attesa e speranze, fedeltà e desideri; c’è un altro piccolo stadio di provincia che sarà preso d’assalto e travolto di passione, appartenenza, voglia di rivalsa, fede.
Oggi, e per tutta la stagione, fuori dal campo ci aspettano per godersi lo spettacolo di una maglia e una tifoseria uniche in questa categoria (e non solo): sugli spalti abbiamo già vinto l’anno scorso (e quello prima), vinceremo ancora.
Oggi, e per tutta la stagione, in campo ci aspettano con il coltello tra i denti: ci chiamano «favoriti», ci definiscono «corazzata», dicono che qui «non c’entriamo nulla», e intanto sognano di farci lo scalpo per poterlo raccontare ai nipotini («Siediti, figliolo: ti racconto di quella volta che ho battuto il Varese in Serie D…»).
Lo sa bene, il direttore d’orchestra Iacolino: ci ha giocato pure lui, l’anno scorso; e ci ha fatto la festa. Ora che è qui, ha avvisato la sua banda: siamo belli come un clarinetto, eleganti come un violino, leggiadri come un pianoforte; ma per avere al fianco il nostro pubblico, e vincere, dovremo essere decisi come una tromba, rullanti come un tamburo. Solo così orchestra e coro saranno un’unica, meravigliosa – e vincente – sinfonia biancorossa.