Quanto è duro godersi il lago se sei un turista

Sono le 8.45 di una domenica mattina, si sveglia il lago di Varese, una leggera brezza fa temere l’imminente arrivo dell’autunno. Chi scende verso la “Varese d’acqua” sa già che deve farlo con lo sguardo proiettato a 360 gradi, per godere al meglio di ogni singolo pezzetto di questa porzione ineguagliabile di territorio Lombardo. Laggiù, immancabile, la punta d’iceberg, qual è l’Isolino Virginia. Poi, se tutto va bene, ritorni con i piedi per terra, laddove la noncuranza e il segno del tempo distrugge qualsiasi incanto,

quella percezione di abbandono che sembra abbracciarti e accoglierti in una Varese che non vorresti. Passeggiando sul lungolago di Gavirate mi sono imbattuto infatti in un drastico segnale che emanava una colonnina turistica, quelle che mostrano cosa potresti vedere dal punto in cui sei. Ampiamente degradata e non più leggibile, pensi che forse almeno oggi ci salva la foschia e un cielo cupo, immaginando che con un solo pizzico di buona volontà potremmo godere di tutto, dalla riva al centro del lago. Ma chi dovrebbe mettere mano? Una promozione del territorio o i singoli comuni? Mi immedesimo in un turista qualunque, di fronte allo scenario di uno.. scenario che non c’è più, accompagnato da una frase “Ma che paese sarà mai laggiù? Bah, si riuscisse a vedere almeno qui!”. Sono piccoli accorgimenti che potrebbero fare le grandi differenze, a cui noi, perdonatemi, non siamo affatto abituati. Oggi appare così difficile fare turismo eppure noi l’attrezzatura l’abbiamo, mancano forse gli addetti? O forse no, temo di conoscere già la risposta.