L’inceneritore di Borsano è il crocevia di interessi, battaglie e strategie di diverso colore, diverso conio, diverse finalità. Politica, economia, opinione pubblica, si incontrano, si scontrano e si intrecciano, riunendo fazioni storicamente avverse e spaccando fronti apparentemente contigui.
Oggi la situazione è più o meno questa: Il Comune di Busto Arsizio vorrebbe procedere al revamping (cioè al potenziamento dell’impianto). L’intervento consentirebbe di abbassare ulteriormente le emissioni nocive e di garantire il prosieguo dell’attività per altri undici anni (…)
(…) dall’originaria scadenza (vale a dire fino al 2036). Per giungere a tale scopo, l’amministrazione Farioli mira alla costituzione di una new.co, nuova società per la gestione dell’intero ciclo di rifiuti (dalla raccolta allo smaltimento), composta dalle ex municipalizzate di Busto, Gallarate e Legnano e dal consorzio Accam, ente cui fa capo l’inceneritore.
Al momento, Palazzo Gilardoni vede al proprio fianco il circolo cittadino di Legambiente. Un alleato tutt’altro che scontato, anche perché segna una delle rare divergenze ai vertici dell’associazione. La posizione di Andrea Barcucci, favorevole alla permanenza dell’inceneritore, è infatti contestata dal numero uno regionale del Cigno Verde, Damiano Di Simine, il quale invoca la chiusura dell’impianto senza se e senza ma. In mezzo ci sono altre posizioni, un po’ meno radicali, ma comunque avverse alla linea di Farioli. Comprese quelle di altri esponenti di Forza Italia, che leggono la recente delibera regionale sulla sovrabbondanza di inceneritori come un evidente altolà ai sogni di gloria bustocchi.
Il problema starebbe nei numeri. L’incremento della raccolta differenziata ha proporzionalmente ridotto la frazione indifferenziata destinata ad essere bruciata. Pertanto, il futuro dello smaltimento rifiuti non passa più attraverso le ciminiere degli inceneritori, ma attraverso forme alternative di intervento: recupero di materiali ancora utilizzabili, riciclo dell’umido, trasformazione del rifiuto in combustibile. «Non capisco l’insistenza di Busto Arsizio – incalza il sindaco di Castellanza, Fabrizio Farisoglio – Invocare il revamping significa muoversi in senso antistorico, spendendo decine di milioni di euro per un intervento che guarda al passato anziché al futuro».
Polemica che fa il paio con altre due critiche piuttosto maliziose. C’è chi attribuisce l’ostinazione bustocca a una finalità legittima quanto venale: garantire continuità ai soldi che, a titolo di compensazione, Accam versa ogni anno al Comune. E chi mette in dubbio l’effettiva utilità aziendale di Borsano. Secondo questi ultimi l’inceneritore di Busto è già oggi poco competitivo, non solo perché sottoutilizzato, ma anche perché più costoso di altri impianti concorrenti.
Come dire: il problema sta nel manico, nelle tariffe di conferimento, decisamente salate. Di fronte a tutti questi dubbi e a tutte queste opzioni, bisognerebbe, forse, indire un referendum. Che ciascuno spieghi le proprie ragioni al pubblico e che poi sia quest’ultimo a decidere. Facciamo in modo, per una volta, che ad avere l’ultima parola non sia chi gestisce Accam né chi guadagna da esso. Ma chi ne respira i fumi.
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