Nostalgia dell’indipendentismo e della questione settentrionale: un convegno a Milano con per rispolverare i temi dell’economia e del Nord tartassato da «Roma padrona».
E il “vecchio Capo” promette: «Farò un’associazione intestata alla Padania libera».
Doveva esserci anche il governatore della Lombardia Roberto Maroni, ma alla fine dei “big” del Carroccio di oggi c’era solo il segretario provinciale di Milano . Una domenica pomeriggio con il pienone nella sala conferenze dell’hotel dei Cavalieri di Milano, che ha rimesso la lancetta del movimento lumbard indietro di almeno vent’anni, per un’iniziativa lanciata da , già deputato e consigliere regionale leghista, poi fuoriuscito, addirittura finito agli arresti con l’accusa di aver finanziato il “Tanko”
che aveva provato l’assalto al campanile di San Marco, e rientrato da poco nell’orbita del Carroccio. “Più impresa, più lavoro, più Nord” il titolo del convegno, organizzato sotto lo slogan “Fare tornare grande il Nord” che prende spunto dall’ormai celebre “Make America Great Again” di Donald Trump. Mattatore indiscusso, sempre lui, Umberto Bossi, che ha rispolverato la battaglia di sempre, quella per il Nord: «Dall’inizio della crisi sono fallite 100mila imprese, tutte al Nord. È stato infilato in un tunnel, per farci fuori. E il Pil, cresce meno della Grecia». Per Bossi, che non nomina mai il segretario federale e i suoi mantra immigrazione e “no euro”, è sempre l’economia il vero «dito nella piaga» per il Nord. «Nessun Paese coloniale sotto il tallone del centralismo tiene, alla fine cede – sottolinea il Senatur – privato delle imprese e dei soldi, e ancora sotto attacco della magistratura, arriverà il momento in cui il Nord non avrà più niente da perdere, e sarà costretto a reagire. Io vivo di questa speranza, mentre altri vivono dei nostri soldi».
Ai militanti nostalgici della “vecchia Lega” la promessa: «Io non ho ancora mollato, intendo fare un’associazione intestata alla Padania libera». Tra i presenti anche una nutrita pattuglia varesina di fedelissimi bossiani, come Giuseppe Leoni, Cesare Bossetti e Francesco Enrico Speroni. Quest’ultimo chiarisce: «Nessuna contrapposizione, nessuno ha parlato male di nessun altro. Non era un convegno della Lega anche se c’erano esponenti leghisti sia del passato che del presente. L’impostazione era quella di rimettere al centro dell’attenzione il tema della questione settentrionale, un po’ sopita ma non da parte di tutti». Speroni fa sapere che si tratta di «cose che diciamo da sempre e che stavolta sono state ribadite. Per me si dovrebbe continuare a battere su questo tasto, ma bisogna capire se al di fuori, soprattutto i lombardi, condividono, perché se si continua a subire non si va da nessuna parte».
L’ex eurodeputato bustocco ricorda il referendum sul federalismo del 2006, bocciato dal popolo: «Oggi come oggi dove abbiamo responsabilità istituzionali, come in Lombardia e Veneto, stiamo sostenendo il referendum per l’autonomia. La prima cosa sarà ottenerlo, perché non sarà semplice». Anche Davide Boni è convinto che il referendum possa «riportare al centro del dibattito la questione settentrionale». Ed è proprio la battaglia referendaria il collante che potrebbe ricucire la Lega salviniana che guarda a Sud con i nostalgici di Bossi.
«L’Umberto ci ha dato un sogno e questo sogno non lo si perde per tutta la vita» le parole di Bernardelli, che promette: «Questo è solo l’inizio di un percorso».