Prima le percosse, poi il bar devastato al grido di «io ti uccido». L’orrore è andato in scena martedì notte, passate le 22, nel bar Coccinella di viale Borri 5. «Quella sera – racconta la titolare del locale, l’algerina Karima Hasnaoui – stavo lavorando dietro al bancone, quando ho visto entrare nel bar il mio ex compagno. L’uomo (37 anni, tunisino), in preda all’alcol, ha cominciato con l’importunare una cliente italiana, atteggiamento da cui è scaturita una rissa a cui hanno preso parte altre persone che si trovavano nel locale. partita anche una chiamata al 112 ed è stato a quel punto che il mio ex si è rifugiato nel retro del bar, minacciandomi “se dici che sono qui uccido te e i tuoi figli”».
«Poi, quando tutti se ne sono andati via, è uscito fuori dal suo nascondiglio. Mi ha colpito forte sul naso con un pugno e mi ha messo le mani intorno al collo, come per strozzarmi. Credevo di morire – continua Karima visibilmente scossa dall’accaduto – A un certo punto ha mollato un po’ la presa e io sono riuscita a scappare. Lui è rimasto dentro al locale e ha iniziato a buttare tutto per terra. Urlava che voleva uccidermi».
Karima si è rifugiata da un conoscente, con cui dopo qualche ora è tornata nel bar per chiuderlo. Lo spettacolo che ha trovato all’interno del locale è stato terribile: «aveva sbattuto tutto per terra rompendo bottiglie, bicchieri, scaffali, il distributore di caramelle. Ha rubato perfino i soldi nella cassa».
La donna ieri si è recata al pronto soccorso per farsi visitare e ottenere i referti medici. Oggi, assistita dall’avvocato Gianluca Franchi, presenterà una denuncia-querela, con richiesta di misure cautelari più coercitive rispetto al divieto di avvicinamento, provvedimento che già avrebbe interessato l’uomo nel passato proprio a seguito dei continui episodi di stalking e violenza.
Quanto accaduto l’altra sera ha convinto Karima a lasciare per sempre il bar mandato avanti negli ultimi 15 anni: «Avevo comunque intenzione di cedere la licenza il 30 marzo, ma adesso ho troppa paura, non posso andare avanti a lavorare fino a quella data. Se continuo a stare lì so che mi ucciderà – spiega Karima – Con la vendita della licenza pagherò l’hotel dove alloggio, che è il luogo dove mi sono rifugiata dopo essere stata sfrattata dall’appartamento di via Varchi. Sono in buona posizione nella graduatoria per l’assegnazione di un alloggio popolare, spero me lo diano presto così potrò andare ad abitare lì con mio figlio maggiore (il minore vive con il padre) e mia sorella disabile».
Karima vive nel terrore. Non sa neppure se troverà il coraggio di andare a pulire il bar. «Se l’altra sera non ho detto alle forze dell’ordine della presenza del mio aguzzino nel locale è proprio perché sono terrorizzata da lui – dice – Stiamo parlando di una persona senza fissa dimora che continua a minacciarmi perché pretende da me un mantenimento. Io di soldi gliene ho dati tanti. Gli ho persino pagato un viaggio in Tunisia per andare a trovare la sua famiglia. E poi so che, se anche lo avessero fermato l’altra sera, a breve sarebbe già libero e per me sarebbe ancora di più un inferno».
La donna, nonostante sia molto provata, non rinuncia a immaginare un futuro diverso: «ho stampato il mio curriculum vitae e lo sto portando in giro. Parlo cinque lingue, sogno di lavorare in una struttura turistica. Spero di riuscire a rifarmi una vita, lo devo a me stessa e a mio figlio che studia alle superiori con profitto».