È l’unico giardino di Varese entrato nella classifica dei 10 parchi più belli d’Italia. Una ragione c’è. Anzi, diverse ragioni. Chi varca i confini del Parco di Villa Toeplitz, a Sant’Ambrogio, non può non rimanere affascinato dalla bellezza della natura e da come la mano dell’uomo l’abbia elaborata e resa ancora più magica, inserendola in una cornice architettonica di altissima qualità. Giochi d’acqua, passeggiate che portano negli angoli più belli del parco e la sera, grazie a una curatissima illuminazione,
la suggestione di entrare in un mondo incantato. La storia di Villa Toeplitz è legata alla figura del banchiere di origine polacca Giuseppe Toeplitz, che diede il nome alla villa, e della sua seconda moglie Edvige.Prima del suo arrivo, con l’acquisto della villa nel 1914, nel giardino, completamente diverso dal parco oggi, si trovava l’edificio della modesta residenza di campagna della famiglia tedesca Hannesen.
«L’acquistò nel 1914, ma poté goderne solo più tardi – si legge nella storia della villa redatta dal Comune – dopo il 1915, dal momento che, scoppiata la Grande guerra, l’immobile fu requisito e occupato dai Carabinieri. Il Toeplitz ampliò gli edifici allora presenti e portò sensibili miglioramenti al parco affidandone la progettazione, nel 1927, allo studio parigino L. Collin – A. Adam & C., (Architectes Paysagistes – Rue Eugène Manuel, 8 – Paris), che ridisegnò il giardino, ampliatosi fino a raggiungere l’estensione di quasi otto ettari. Interessante notare che nel progetto originale parigino del 1927 non compaiono le catene d’acqua, inserite poi con opere idrauliche volte a incanalare l’acqua proveniente dal vicino Monte Martica su progettazione del varesino Rinaldo Frattini». Toeplitz è stato una figura importante per lo sviluppo della città di Varese. Negli anni Venti del secolo scorso fu tra i maggiori finanziatori del progetto della prima autostrada italiana, l’Autolaghi, che collega Varese a Milano.
Il Parco di Villa Toeplitz ha una superficie di circa 7 ettari e comprende: la villa padronale, la villa residenziale (dépendance) e la portineria. Il parco era suddiviso in diverse componenti: il frutteto, scomparso a seguito dell’ampliamento del cimitero di Sant’Ambrogio ove riposano le spoglie dei coniugi Toeplitz, una parte a prato, viabilità di accesso alla Villa, macchie di arbusti e gruppi di alberi, un “bosco” di conifere anche esotiche intorno al belvedere e alla cappelletta sulla parte alta della proprietà, un roccolo di carpino, campi da bocce e tennis, il jeu de croquet, il giardino dei fiori, la piscina (oggi laghetto), un bosco invecchiato di castagno. Vi erano serre (oggi in abbandono), alcune piccole stalle.
«Nel 2010, in seguito alla demolizione di vecchie stalle per bovini e di una sala di derivazione delle acque non più funzionante, è stata recuperata una porzione percorribile al pubblico a poche decine di metri a monte del laghetto. Il parco è in stile eclettico mostrando scorci di differente ispirazione progettuale. Classica presenza di un giardino all’Italiana, troviamo l’esedra a monte della fontana centrale circolare e il Belvedere con balaustra in cima al colle, oltre a diversi esempi di architetture vegetali simmetriche: siepi e palloni in bosso, nella zona attorno ai parterre, siepi e ombrelli in tasso, i simmetrici castelli di cipresso, posti a cavallo della cascata, arabeschi in bosso nano, labirinti di bosso e palloni di edera. A metà del percorso, le balze in pietra s’interrompono: l’acqua sgorga dalle fauci di un leone alimentando il movimento di canaletti e fontanelle rivestite con piastrelline vetrose azzurre del Kashmir». L’“ideatrice” del parco? La moglie di Toeplitz, Edvige Mrozowska, «donna di cultura e instancabile viaggiatrice». A lei si deve la disposizione prospettico-scenografica, la simmetria del tutto». Durante un viaggio nel Kashmir, la signora Edvige rimase colpita dai giardini dell’imperatore mongolo Babar, detto “padre dei giardini” e ne fu ispirata. All’impero Moghul, all’apice fra il 1526 ed il 1707 in India, si devono giardini realizzati secondo i canoni dell’architettura islamica. Caratterizzante è la presenza di stagni, fontane e canali a raso dei camminamenti. Alla morte di Giuseppe Toeplitz, avvenuta nel 1938, la villa e il parco furono ereditati dalla moglie e dal figlio Ludovico. Questi la cedette nel 1945 ai fratelli Mocchetti «che mantennero il nome Toeplitz alla proprietà, ma la avviarono a un certo declino, fino all’acquisto da parte del Comune nel 1972». Inizia la storia di Villa Toeplitz come parco pubblico e sede del Museo etno archeologico Castiglioni. Da un anno, con la nuova gestione del Tennis Bar interno al parco da parte di Coopuf Iniziative Culturali, il parco sta vivendo una stagione di rinnovato splendore culturale, grazie alle numerose iniziative teatrali e letterarie che vengono organizzate nei giardini.