Chissà chi era? Uomo o donna, ragazzo o ragazza, fors’anche solo un bimbo o una bimba. Chissà se fosse nato o cresciuto a Marnate o l’avesse scelta come luogo d’adozione per poterci vivere. Ma, chiunque sia, giace solo, in una lapide senza nome e con una piantina sopra un piccolo cumulo di terra. Dopo di lui, solo un cancello d’uscita del cimitero. Intorno a lui nelle vicinanze nessun’altra tomba.
Quelle che hanno un nome e un cognome,
un alfa e un omega di morte, un lume o dei vasi ricolmi di fiori finti o freschi che siano, quelle che talora hanno anche un monumento di materia pregiata e alto valore estetico a ricordare il caro estinto sono dall’altra parte.
È la vista che non ti aspetti, che ti disorienta e ti fa pensare a fondo. E che arriva persino a farti commuovere.
Entri nel cimitero marnatese, ne percorri i viali lapidei ove giacciono tombe singole o che accolgono una serie di familiari scomparsi e poi, arrivato in fondo, ecco lei. Lei, la tomba senza nome. Spoglia, priva di lapide, con due soli numeri a identificare chi lì giace per sempre ovviamente ignaro di trovarsi solo e lontano da altre lapidi; un primo numero, 1991, e la domanda scatta; potrà mai essere l’anno di nascita o di morte o quello in cui magari è avvenuto il ritrovamento di quel corpo?
Poi un altro numero, il 3, che potrebbe indicare l’età del corpo, per meglio dire del corpicino se fosse davvero un’indicazione anagrafica, che lì avrà sempitèrna dimora. Un corpo senza nome. Ma un corpo che sicuramente ha avuto un’anima, una vita, dei sogni da coltivare, delle speranze o dei sentimenti fioriti o andati in frantumi.
Una tomba posta sul fondo del camposanto. Pensi subito alle pennellate di poesia regalate al mondo da Ugo Foscolo nei “Sepolcri” ; all’ombra de’ cipressi o dentro l’urne è forse il sonno della morte men duro? Certamente no, i morti non sono né ricchi né poveri, né alti né bassi, né buoni né cattivi. Sono morti e punto. Ma morti con un nome e un cognome. Che, al momento della sepoltura del povero estinto o della povera estinta 3 e 1991, unici elementi per potergli assegnare una pur illusoria parvenza di identità sia pure post mortem, evidentemente non erano noti.
E certo una nota di pensiero ti viene al vedere quella tomba così separata da tutte le altre. Certo, i morti non sono consapevoli di farsi compagnia, è ovvio.
E le domande riaffiorano: chissà se quella persona abbia in morte quella solitudine che ha avuto in vita, o magari nella sua esistenza sia stata un giocherellone pronto a regalare sorrisi ai suoi simili.
Non sapremo mai nulla di tutto questo del signor o della signora 3-1991. Per chi abbraccia una fede, quel nome ignoto per sempre nella nuda terra del cimitero sarà noto in qualche realtà celeste.