Il conto alla rovescia è iniziato. Mancano, infatti, poco più di tre mesi alla scadenza del 30 giugno entro la quale il Consiglio di Stato ticinese deve versare all’Italia la quota parte delle tasse prelevate sui frontalieri che lavorano nel Cantone, ma ancora non è chiaro cosa intende fare il Governo elvetico.
Sulla strada dei rapporti tra Italia e Svizzera, infatti, esiste un bivio. Dal sapore di interrogativo.
Bloccare, come è già stato fatto, il ristorno di queste tasse per ottenere la cancellazione della Svizzera dalle “liste nere” italiane, per trovare una soluzione alle pendenze fiscali del passato dei clienti italiani che vogliono regolarizzare la loro posizioni e ovviamente per eliminare i vantaggi fiscali di cui beneficiano i frontalieri in base alle attuali regole o saldare, rispettando le regole? Risposte alle quali non si è sottratto il presidente del partito socialista svizzero , membro della commissione delle finanze degli Stati che nelle scorse ore ha proposto all’unanimità di disdire l’accordo con l’Italia sulla restituzione dell’imposta alla fonte.
«O si fanno dei rapidi progressi, nelle settimane a venire, prima della visita del presidente italiano Napolitano a Berna a fine maggio, – ha chiarito Levrat in visita in Canton Ticino – o la questione della denuncia dell’accordo dovrà essere affrontata seriamente, perché non possiamo solo rinviare la risoluzione del problema: ci sono stimoli chiari dati dal dumping salariale e bisognerà prendere delle misure».
Parole pesanti che arrivano oltretutto da un esponente socialista, partito che anche in Ticino ha sempre mantenuto posizioni contrarie alla rottura con l’Italia.
Eppure nella Commissione del Consiglio degli Stati, il Senato elvetico, anche Levrat ha alzato il tiro. Sostenendo che «l’accordo non ha più ragion d’essere, perché favorisce indirettamente pratiche di dumping salariale in Ticino, permettendo ai lavoratori frontalieri di godere di un’imposizione fiscale molto favorevole».
Ecco perché nei comuni italiani lungo la fascia di confine con la Svizzera si segue con preoccupazione il dibattito in corso in Ticino sull’eventualità di abolire l’accordo sui frontalieri. Se ciò dovesse avvenire, i frontalieri potrebbero venir sottoposti all’imposizione fiscale italiana, e vedrebbero così considerevolmente aumentato il proprio carico fiscale, mentre i comuni in cui risiedono i frontalieri perderebbero le entrate dovute al versamento dei ristorni. E chiudere i bilanci, in diversi casi, sarebbe impossibile.
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