Banche e imprese possono trovare un punto di incontro per far ripartire l’attività creditizia a favore del mondo imprenditoriale solo nella meritocrazia del credito.
È quanto emerso dalla tavola rotonda di ieri nella sede della Fondazione culturale Ambrosianeum, a Milano, alla presenza di banchieri, accademici e rappresentanti del mondo produttivo.
È il cavallo che non beve o l’acqua non viene data al cavallo? Se da un lato la crisi ha ridotto la domanda di credito delle famiglie e delle imprese, è altresì vero che la forte crescita delle sofferenze ha indotto le banche ad una più rigorosa selezione dei prenditori, cosa che ha finito in taluni casi per penalizzare anche le aziende ben gestite e con prospettive di sviluppo.
Il dualismo tipico del momento economico che stiamo vivendo può essere superato solo trovando una comunione d’intenti su quanto di buono esiste e possa essere punto di ripartenza.
Lo spiegano chiaramente nei loro interventi Mario Anolli, presidente del consiglio di gestione della Banca Popolare di Milano, e Carlo Bonomi, vicepresidente di Assolombarda Imprese e Banche.
«L’intervento più importante e immediato da fare nel mondo bancario è la promozione di un “business model” sostenibile – spiega Anolli – Non è più realistica una disponibilità di credito per tutti: è necessario cercare davvero quali siano i soggetti più meritori di ricevere la spinta per ripartire». Una selezione la fa immediatamente Bonomi: «Un terzo delle imprese non solo sopravvive alla crisi, ma si può sostenere che vada molto bene: pensiamo al settore manifatturiero che è l’unico che ancora esporta».
«Un altro terzo è composto da aziende che non possono più stare sul mercato: sostenerle avrebbe delle ripercussioni su tutte le altre. L’ultimo terzo è quello fondamentale per il futuro economico del Paese: si tratta di imprenditori che hanno ancora un valore ma stanno morendo per asfissia del credito. Vanno aiutati, perché si tratta di imprese sane e con forti prospettive. In caso contrario il danno sarà di tutto il sistema». La selezione non può essere naturale e non va dunque lasciata esclusivamente al mercato: sono necessarie scelte puntuali di politica economica.
Indispensabile dunque che l’appello comune giunga anche alle istituzioni, “sorde” – nella serata di ieri – per l’assenza del viceministro dell’economia Enrico Morando, che avrebbe dovuto illustrare le iniziative governative e le proposte parlamentari per la valorizzazione dell’attività creditizia ed il rilancio del nostro sistema bancario.
La necessità di riforme si avvisa, come sempre, in una fiscalità fagocitatrice di ogni prospettiva: «In Francia la tassazione sui bilanci bancari è del 36% – continua Anolli – In Italia, nello stesso periodo, siamo all’83%. Il problema delle imposte è sempre attuale».
Al consesso ha partecipato anche Rossella Locatelli, direttore di CreaRes e ordinario di Economia degli intermediari finanziari all’università dell’Insubria, che ha cercato, nel dare le conclusioni, di fornire alla questione una prospettiva internazionale.
«È una semplificazione sbagliata affermare che i problemi attuali nascano solo dai “cattivi crediti” concessi nel passato. La vigilanza bancaria è però centrale nel problema. Con l’unificazione bancaria europea, essa passa dal nazionale al transazionale: la transizione per il momento è solo normativa e non lascia garanzie sufficienti».
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