Pedalate pure Ma lasciate qualcosa

I Mondiali di ciclismo non hanno lasciato niente a Varese. Una convinzione lunga sei anni, tanti ne sono trascorsi dalla vittoria a braccia alzate di Ballan, in un ippodromo pieno di gente pazza di gioia.

A detta di tutti, un’occasione sfruttata come peggio non si poteva quella di mostrare in mondovisione le bellezze di una città mai così verde, mai cosi tirata a lucido, mai così baciata dal sole. Un’opportunità non colta di raccogliere tutto quello che si è seminato in termini di business (leggi boom turistico).

Le immagini della settimana di gare rimbalzarono in ogni angolo del mondo: tra i cento, mille, particolari notati e apprezzati dagli appassionati incollati alla tivù in Australia, negli Stati Uniti, in Cina e in Europa, nessuno, ma proprio nessuno, notò quello che in ogni Paese non da terzo mondo rappresenta la normalità: strade asfaltate di quel bel colore grigio scuro, senza buche, tanto lisce da far scivolare via la pioggia.

Ebbene, quel particolare trascurato è proprio quello che ci resta della rassegna iridata che tanta gloria ci portò e tante polemiche (ovviamente di bottega) causò.

Ieri siamo tornati sul percorso del Mondiale e ci siamo accorti che quelle sono tra le pochissime strade in città degne di questo nome. Insomma, a distanza di sei anni possiamo dire che la grande passerella su due ruote qualcosa ha consegnato ai posteri. Piccola e amara soddisfazione che sta lì, sotto gli occhi di tutti, a dimostrare come i lavori fatti bene siano destinati a durare nel tempo.

Torniamo al colore dell’asfalto, quel grigio scurissimo che in estate (sempre ammesso che arrivi) fa venire su quel caldo che ti entra nelle ossa. Tonalità ben diversa dal grigino dell’asfalto buttato giù in una mezza mattinata e destinato a durare sì e no lo spazio di cinque temporali.

Sarebbe bello sapere quanti soldi a Varese sono stati spesi per mettere toppe qua e là dal 2008 ad oggi e quanti ne vennero sborsati all’epoca per far correre senza sgambetti il carneade Ballan verso la maglia iridata. Siamo pronti a scommettere che il risultato del confronto ci dirà che i soldi spesi bene sono un investimento sicuro e duraturo. Proprio come fa il buon padre di famiglia.

Non vorremmo aspettare il prossimo Mondiale per vedere asfaltato come Dio comanda viale Borri, il simbolo varesino dello stato (vergognoso) delle nostre strade. E non illudiamoci che la gara sempre su due ruote di oggi, ci porti qualche piccolo beneficio. Trattasi infatti del Campionato italiano femminile, poco più di una “garetta” per soli appassionatissimi. Niente strade nuove perché le donne in sella, evidentemente, sono più uomini dei maschi nel sopportare che l’attrezzo del mestiere saltelli in continuazione.

Il passaggio della gara tricolore perciò non lascerà proprio nulla, se non l’arrabbiatura di ieri pomeriggio e di oggi di negozianti e automobilisti che, scarsamente messi in guardia, si sono all’improvviso ritrovati mezza città chiusa e con divieti di sosta ovunque.

La morale? Non tutte le gare di ciclismo arrivano per sistemare le indecorose condizioni delle nostre strade, mentre tutte le competizioni in bicicletta con partenza e arrivo in città creano inutili problemi.

La morale bis? Se proprio si vuole regalare ai ciclisti il palcoscenico del salotto buono che almeno resti qualcosa, anche se poi per accorgercene devono passare sei lunghi anni.

Federico Delpiano

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