C’è chi si limita a guardarlo da un a finestra, parentesi blu in mezzo al verde e a quella civiltà che lo ha fatto ammalare. C’è chi lo “corre” dalle sue sponde, ogni mattina in cui l’alba ne accarezza le acque, sulla pista ciclabile con il fiatone intervallato da uno sguardo che ristora perchè ne ammira la bellezza. C’è chi lo “rema” perchè è la più grande palestra di canottaggio che esista in Italia, terra di campioni e campionati (anche mondiali),
favoriti da quella congenita assenza di onde che permette una vogata tranquilla ed efficace. Sono tante le chiavi per amare il lago di Varese, per consegnare a lui un pezzo di anima, anima oggi sanguinante nel vederlo “conciato” dall’inquinamento, quello atavico di anni di non curanza e quello “giovane” di scarichi che ancora insistono diretti nel martoriato bacino. Chi ama oggi sorride alla notizia di qualcuno che proverà a trovare nuove soluzioni per rianimare il malato grave, a patto che si dia ascolto anche a chi lo conosce davvero in ogni sua sfumatura. Più degli altri, più di tutti: i pescatori. Qualsiasi tavolo non può non averli come convitati. E poi…Prendete la barca e salpate con loro: dal centro la prospettiva cambia. Fidatevi.
Per ulteriori approfondimenti vedi anche:
– Idee in circolo per il lago di Varese: «Vogliamo battere l’inquinamento»