È stata rigettata nelle ultime ore dalla Corte d’Appello di Milano l’istanza di dissequestro dell’area del campeggio Sette Laghi presentata dal presidente della società, , attraverso gli avvocati difensori.
A questo punto si guarda alla Cassazione, tanto che il presidente ha già preannunciato che con tutta probabilità di passerà al terzo grado di giudizio per tentare di ottenere il dissequestro, ribaltando le sentenze che finora hanno confermato la confisca dell’area.
«È stata un’istanza – spiega Scandroglio – predisposta già sapendo quale poteva essere la risposta. La stessa Corte non poteva di certo rimangiarsi quanto detto lo scorso 25 marzo. A questo punto siamo sempre più convinti di arrivare fino alla Cassazione, abbiamo quasi pronto il ricorso. Abbiamo buone sensazioni, a mio avviso ci sono ottime possibilità di ottenere l’annullamento della confisca dell’area».
La vicenda si trascina ormai da quasi due anni: nell’estate del 2012, infatti, l’autorità giudiziaria, infatti, emise un provvedimento con il quale l’area veniva sottoposta a sequestro per una questione di presunti abusi edilizi.
Ad Azzate la questione del Sette Laghi continua a far discutere, anche se nel frattempo sono soprattutto le aule di tribunale a parlare. «Come ho già detto – sottolinea il presidente Scandroglio – ci aspettavamo un certo tipo di risposte, ma l’istanza, pur consapevoli di quale poteva essere il risultato, l’abbiamo comunque preparata per non lasciare nulla di intentato, ma con la quasi certezza che in questa sede le cose non sarebbero cambiate».
«Bruciate le tappe»
Intanto il cda della Sette Laghi non è disposto a mollare: «Ora – chiarisce Scandroglio – tutta la battaglia si sposta sulla Cassazione, con l’obiettivo di far togliere la confisca sull’area. Siamo convinti di poter portare a casa il risultato sulla base di un dato ben preciso: essendo già prescritto il reato di abusivismo prima dell’azione penale, il primo grado non doveva neppure partire. Non dovevamo neppure essere giudicati, visto che i fatti contestati erano prescritti ben prima che fosse avviata l’azione penale».
Si prosegue dunque con tanta fiducia, anche se fino a questo punto è stato un percorso travagliato e il rischio che l’area resti confiscata è concreto. Ma nessuno dalle parti di Azzate intende mollare, almeno fino a quando la Cassazione non avrà suonato il gong: «Per chi la guarda da fuori – conclude – sembra che sia stata una battaglia lunghissima: in realtà in meno di due anni siamo già arrivati al secondo grado di giudizio. Abbiamo bruciato le tappe ed entro la fine dell’anno contiamo di arrivare alla Cassazione».n
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