Malocchio? Alla fine siamo tutti creduloni

Si fa presto a dire «tanto a me non mi fregano». E certo, nessuno di voi teme di farsi truffare così clamorosamente come quella ragazza (ventisei anni, signori, mica cento) che ha consegnato 82 mila euro a due sedicenti maghe per farsi togliere il malocchio.

Come si può, del resto, essere così ingenui e sprovveduti? Non si può, ovvio. È proprio per questo – perché io non sono credulona, perché a me non mi fregano – che ieri ho speso quello che ho speso per un tubino nel quale riuscirò ad entrare forse un giorno, se guerra e carestia dovessero mai colpire questo sciagurato Paese. La commessa aveva giurato che no, non ci voleva la taglia in più: «È un modello aderente, e poi è l’ultimo». E io, tutta soddisfatta, ho pagato.

È sempre perché noi siamo persone razionali e avvedute che la mia amica Margherita sta trangugiando da settimane un beverone verdognolo a base di un’alga giapponese dal nome impronunciabile, il prezzo improponibile e gli effetti miracolosi: al momento il dimagrimento portentoso non c’è ancora stato (scusami Marghe, qualcuno doveva dirtelo), ma lei continua a ingollare la pozione nipponica perché con quello che costa dovrà pur funzionare, prima o poi.

Se fosse così difficile far fesso il prossimo, la premiata ditta Vanna Marchi & Do Nascimento non avrebbe prosperato per più di dieci anni prosciugando gli averi di migliaia di famiglie. I clienti che avevano comprato dall’imbonitrice bustine di sale da cucina anti malocchio, rametti d’edera magici raccolti nel cortile degli uffici e numeri del lotto “personalizzati” in base a non si sa quali calcoli cabalistici sono stati, secondo le stime della Guardia di Finanza, circa 300mila, per un giro d’affari di milioni e milioni di euro.

C’è chi è arrivato a pagare un amuleto anche cento, duecento, trecento milioni di lire. Una signora ha raccontato di essere finita in mano agli usurai, un’altra di essersi prostituita per pagare i debiti.

Chi erano le vittime di questa formidabile macchina estorsiva? Persone normali, tutto sommato. Anziani, certo, meglio se soli, malati e annebbiati dall’età, ma anche gente di mezz’età o addirittura giovani.

Persone di media cultura, con una casa, un lavoro, una vita. Perché l’ingenuità, la dabbenaggine, la voglia di credere a verità palesemente false ma lusinghiere albergano in ciascuno di noi, esattamente come quel malcelato fondo di superstizione, la pazza idea che la fortuna possa essere richiamata o allontanata con piccoli rituali scaramantici.

Credulone è chi si beve la balla del «non la assumiamo perché troppo qualificato» e chi rifiuta la chemioterapia perché il santone gli ha detto che il cancro si cura con le erbe; superstizioso è chi tocca ferro quando passa un carro funebre (vuoto, ça va sans dire) e chi vende la casa per pagarsi un amuleto.

A fare la differenza, spesso, è il livello di professionalità del truffatore. Quindi piano a giudicare la ragazza di Gallarate caduta nella trappola delle fattucchiere: domani potrebbe toccare a voi (e se vi state abbandonando a gesti apotropaici tipo corna o grattatine là dove non batte il sole, siete ancora più a rischio: brutta bestia la superstizione).

Laura Campiglio

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