Scoperti i contrabbandieri di gioielli. Per loro maxi multa

LAVENA PONTE TRESA Hanno contrabbandato attraverso la frontiera ticinese gioielli e orologi di lusso per un valore di circa 10 milioni di franchi. Qualcosa come oltre 8 milioni di euro.

Il tutto facendoli arrivare dall’Italia, attraverso i valichi di confine, tra cui anche quelli del Varesotto, ed evadendo il pagamento dell’Iva in Svizzera per un valore di 750mila franchi, oltre 600mila euro. Per questo tre persone, tutte residente in Canton Ticino, sono state multate per contrabbando.

Lo ha comunicato ieri la Sezione antifrode doganale di Lugano. Il sistema messo a punto dalla banda, infatti, prevedeva l’esportazione dall’Italia della merce di valore, con il ricorso al meccanismo del “Tax free”, che consente il recupero dell’Iva italiana. Senza però far seguire, a questo passaggio, la dichiarazione per l’imposizione fiscale in Svizzera.
Da qui le indagini. Cominciate nel corso del 2010. Quando alla sezione antifrode doganale di Lugano sono arrivate una serie di segnalazioni da parte dell’Agenzia delle dogane su alcune operazioni “Tax free”, finalizzate al recupero dell’Iva italiana applicata ai gioielli e agli orologi pregiati. Visti i valori decisamente elevati e i volumi degli acquisti i responsabili della verifica delle pratica hanno subito sospettato che l’importazione in Svizzera di questi oggetti avvenisse eludendo il pagamento dell’Iva svizzera.

Così sono scattati i controlli. Prima a casa del responsabile la cui casa, in Canton Ticino, è stata passata al settaccio. Poi con una serie di interrogatori. Dopodiché, nell’ambito dell’assistenza amministrativa doganale con l’Italia, si sono ottenute ulteriori prove di acquisti esentasse in Italia. Ovvio a questo punto il risultato.

È, infatti, emerso che «il contrabbando veniva gestito da due persone che hanno importato negli ultimi cinque anni a più riprese un’importante quantità di gioielli e orologi di pregio, destinati all’utilizzo personale, e in parte alla vendita ad un terzo acquirente residente nel Milanese ma con un domicilio in Canton Ticino». Così sono stati emanati due atti d’accusa a carico delle due persone sospettate di essere gli autori materiali del contrabbando e un terzo nei confronti del destinatario degli oggetti. «Perché – fanno sapere gli inquirenti ticinesi – pur essendo a conoscenza della loro provenienza italiana, non ha mai verificato se questi fossero stati correttamente sottoposti al pagamento dell’Iva svizzera al momento della loro importazione».

Già scattate anche le prime sanzioni pecuniarie. Con la richiesta del pagamento dell’Iva elusa pari a 750mila franchi, oltre 600mila euro. Cifra ingente che sommata alle altre multe in arrivo ha spinto la Sezione antifrode doganale di Lugano ha bloccare ai tre una quota beni patrimoniali pari a 1,2 milioni di franchi, ovvero oltre 970mila euro.

Alessio Pagani

e.besoli

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