Non so come ti chiami, varesino del Duemila che ti appresti a vestire la maglia della Ignis e ad infilare la retina del canestro. Non so neppure se i tuoi genitori erano con noi nella palestra dei pompieri prima, al palazzetto poi, per incitare quelle furie gialle che hanno fatto conoscere Varese al mondo. E che hanno fatto conoscere il mondo ai varesini, quando si trattava di seguire la squadra nelle trasferte in mezza Europa. Che papà
e mamma su quelle gradinate ci fossero o meno, spero che qualcuno in ogni caso ti spieghi il valore di quella maglia, la forza di quel marchio, l’energia di quel nome. In latino vuol dire “fuoco, incendio”. Una fiamma divampata da queste parti per due decenni, quando in campo c’erano i nostri ragazzi.
Oggi che quel nome torna sulle magliette del basket giovanile, ci pare di essere di fronte a una specie di staffetta dove il testimone passa dalle mani magiche di Ossola e Rusconi alle tue, probabilmente più timide, certamente per adesso meno famose. Fanne buon uso. I tuoi palleggi, i cambi di direzione, le entrate e i tiri in sospensione ci piace immaginarli come i primi passi di una nuova Varese che ha voglia di rinascere, di ricominciare a correre, di portare in giro a testa alta il suo nome.
Per troppo tempo abbiamo giocato in difesa e non solo sul parquet. Vorremmo che tu e i tuoi nuovi compagni, sotto la guida delle stelle di un tempo, ci faceste ritrovare la strada del futuro. In fondo alla quale c’è un “cata su” rimasto nel gozzo per troppi anni, vissuti vivacchiando, in un continuo pendolare il ricordo struggente della Varese che fu e un timido presente di piccolo cabotaggio, fatto di retrocessioni evitate e di buche da riparare, di porte girevoli negli spogliatoi e di mancanza di progetti per aggredire il domani.
Sappi che non stai per indossare soltanto una maglia: ti stai per mettere addosso anche la speranza di questa città. Che – fatto curioso nella civiltà dei rottamatori – parte dall’esperienza, dall’integrità, dall’allegro rigore dei nostri playmaker d’antan.
Il futuro affonda le sue radici nella storia.
Ci voleva il basket per ricordarcelo.