– «In questi 29 anni ho sempre creduto che avremmo saputo la verità quando fosse stata Lidia a decidere che era il momento. Ora sembra che lei ci indichi la strada della riesumazione. Una prova estremamente dolorosa ma se è Lidia a indicarla magari potrà portare a risultati importanti».
E ancora: «È Lidia che avrà l’ultima parola sul suo assassinio». Le parole di mamma vengono riportate da , l’avvocato che da più di due anni è
al fianco della famiglia di , lavorando di concerto con il sostituto procuratore che ha dato nuovo impulso alle indagini per arrivare alla verità sull’omicidio della giovane studentessa e scout varesina, violentata e uccisa il 5 gennaio 1987 e ritrovata cadavere due giorni dopo al limitare dei boschi del Sass Pinì di Cittiglio.
Il gip ha accolto la richiesta della procura generale di Milano di riesumare il corpo della ragazza per svolgere un nuovo esame necroscopico alla ricerca di tracce biologiche lasciate dall’assassino dalle quali poter estrarre Dna. Martedì alle 15 è stata fissata l’udienza in sede di incidente probatorio davanti al gip per l’assegnazione dell’incarico ai periti.
La data della riesumazione sarà fissata in quella sede. «Sto affrontando il tema con la famiglia – spiega Pizzi – Si tratta di contare i giorni: dall’udienza di martedì non passerà molto prima che la riesumazione venga eseguita. Un tassello dolorosissimo per i familiari di Lidia in seno a un percorso per arrivare alla verità. Ed è questa consapevolezza che dà loro la forza necessaria per affrontare anche questa prova». Paola Macchi ha detto che sarà Lidia a decidere.
«Paola è una donna di una forza e di una dignità straordinarie – spiega Pizzi – Da sempre è convinta che sarà Lidia a guidarli sino alla verità sull’accaduto. Certo avrei preferito poter risparmiare questo nuovo dolore». Ma, 49 anni di Brebbia, arrestato lo scorso 15 gennaio con l’accusa di aver ucciso la giovane scout, continua a tacere. Anche venerdì, interrogato nel carcere di San Vittore dal sostituto pg Manfredda si è avvalso della facoltà di non rispondere. Di fatto non ha mai parlato all’autorità giudiziaria. «Il sostituto pg ha voluto quest’interrogatorio per dargli la possibilità di confessare – prosegue Pizzi – Ancora una volta lui ha scelto di tacere». Pizzi, in accordo con quanto da anni sostiene la famiglia Macchi, spiega: «Vogliamo la verità, non un colpevole a tutti i costi». E aggiunge: «La presunzione di innocenza è dovuta per Binda, ci mancherebbe altro. Una cosa va sottolineata: almeno su un punto Binda ha mentito. La lettera “In morte di un’amica” l’ha scritta lui, c’è una perizia che lo dimostra, mentre lui continua ostinatamente a negare. Su questo punto Binda è bugiardo».
Oltre a negare di aver scritto la missiva recapitata a casa Macchi il 10 gennaio 1987, giorno delle esequie di Lidia, considerata già 29 anni fa dagli inquirenti come una possibile confessione dell’assassino o una sorta di delirio di chi di certo sa qualcosa sull’omicidio, Binda ha negato, quando fu ascoltato dagli inquirenti prima dell’arresto, di essere l’assassino della ragazza. Paola Macchi, intanto, torna a dare una prova ulteriore della sua straordinaria fede e del suo essere madre. Una madre che si fida della figlia. Sopporta un dolore enorme per lasciare a quella figlia l’ultima parola verso la verità.